Citate nella Bibbia e descritte dai medici dell’antica Roma, le vene varicose e i capillari degli arti inferiori sono un disturbo comunissimo anche ai nostri giorni.
Le vene varicose: non sono solo un inestetismo delle gambe
Intorno ai cinquant’anni di età, una persona su due patisce di vene varicose e nelle donne la comparsa di varici e capillari è spesso più precoce che negli uomini. Le vene varicose purtroppo, oltre a compromettere la bellezza delle gambe, rappresentano anche un pericolo da non trascurare, a causa delle possibili complicanze, che vanno dalla flebite alla trombosi o, addirittura, all’embolia polmonare.
La minigonna: una liberazione per le gambe, o forse no!
Quando nel lontano 1964, la stilista Mary Quant lanciò la moda della minigonna, furono tante le giovani donne dai polpacci affusolati e dalle cosce snelle che esultarono alla novità, ma probabilmente furono ancora di più le donne costrette a rimpiangere gli orli delle gonne a filo caviglia: alcune perché poco favorite dalla natura, altre perché afflitte da quegli antiestetici ghirigori tortuosi e bluastri sulle gambe causati proprio dalle vene varicose e dai capillari.
Vene varicose: un problema “idraulico”
Un problema, come dicevo, a prevalenza femminile che purtroppo non si limita a compromettere l’aspetto estetico delle gambe, ma può provocare anche serie complicanze. Il disturbo deriva da una difficoltà per così dire “idraulica”: il sangue contenuto nelle vene profonde delle gambe deve ritornare al cuore salendo verso l’alto, in contrasto con la forza di gravità.
Normalmente questo avviene grazie a due accorgimenti predisposti dalla natura stessa. Il primo accorgimento consiste nell’azione di pompaggio attuata dalla contrazione dei muscoli delle gambe e in particolare da quelli del polpaccio; mentre il secondo accorgimento è rappresentato da una serie di valvole, poste all’interno delle vene, che si richiudono man mano che il sangue risale, impedendone il reflusso verso il basso.
Se queste valvole si indeboliscono, il sangue tende a ristagnare nella parte inferiore del corpo e le vene si dilatano. Le vene superficiali proprio a causa della dilatazione, diventano visibili sotto pelle assumendo la forma di cordoni bluastri con un andamento tortuoso, mentre la parte liquida del sangue trasuda nei tessuti provocando un edema, causando uno spiacevole gonfiore delle gambe e dei piedi. La continua pressione esercitata dal sangue, sfianca le pareti stesse delle vene, determinando una condizione d’Insufficienza Venosa Cronica.
Un disturbo circolatorio: Insufficienza Venosa Cronica
Nelle fasi iniziali del processo IVC (Insufficienza Venosa Cronica) si avvertono sintomi fastidiosi come un senso di pesantezza alle gambe (soprattutto se si sta molto in piedi), uno sgradevole gonfiore alle caviglie, prurito, crampi e formicolii e ancora, rilassamento dei muscoli, pelle secca e lucida.
Se non si interviene subito, cercando l’aiuto di uno specialista in flebologia, la situazione si può aggravare e i tessuti possono essere seriamente danneggiati dal disturbo circolatorio: in tal caso si evidenzia intorno alle caviglie un eczema di colore rosso – brunastro, il prurito diventa intenso e si formano delle ulcere della cute che stentano a guarire e che si possono facilmente infettare. Ma la situazione può ancora peggiorare: a volte, infatti, nella vena varicosa si verifica un’infiammazione che prende il nome di flebite. Le flebiti delle vene superficiali provocano gonfiore, arrossamento e calore nella zona circostante, accompagnate da un dolore che può anche essere molto intenso.
Se l’infiammazione invece, attacca una vena profonda allora possono essere guai molto seri, perché in questo caso potrebbero formarsi coaguli di sangue (i cosiddetti trombi) che tendono a occludere il vaso sanguigno: è lo stadio della tromboflebite. Talvolta qualche frammento di un trombo si stacca ed entra nella circolazione generale. Se sfortunatamente il frammento penetra nel circolo polmonare (o piccola circolazione) si potrebbe verificare quella che è la più grave complicanza delle varici, l’embolia polmonare che potrebbe avere conseguenze perfino mortali.
I fattori che predispongono alle varici sono molti:
- l’obesità;
- la gravidanza;
- la menopausa;
- lavori che costringono a stare tutto il giorno in piedi o a sollevare pesi;
- la stitichezza cronica;
- le abitudini di vita sedentarie;
- l’immobilità a letto per lunghi periodi;
- la prolungata posizione seduta con le gambe accavallate;
- le calzature inadatte (strette, con tacco troppo basso o alto);
- gli indumenti troppo stretti;
- il surriscaldamento delle gambe dovuto a prolungate esposizioni solari;
- le cerette a caldo che possono mettere a rischio il buon funzionamento delle vene.
In aggiunta a quanto già detto, anche l’ereditarietà ha un peso significativo.
- camminare per almeno 30 minuti al dì, per mantenere in funzione la “pompa” muscolare del polpaccio;
- sollevare le gambe per qualche minuto diverse volte al giorno;
- dormire con le gambe 10-15 cm più alte del cuore;
- evitare di stare a lungo fermi nella stessa posizione;
- praticare delle docce fredde di 15 secondi per gamba, un paio di volte al giorno, ma particolarmente d’estate, iniziando dai piedi e risalendo verso il polpaccio e la coscia;
- eliminare il sovrappeso;
- seguire un’alimentazione ricca di pesce, frutta e verdura fresca e povera di grassi, alcol e fritti;
- consumare mirtilli freschi è di notevole aiuto e sono consigliati anche gli agrumi, le ciliegie e le bietole crude.
- Le calze elastiche sono un valido ed efficace presidio terapeutico, a condizione che siano scelte e usate correttamente.
- La terapia farmacologica si avvale di sostanze protettive dei capillari (i flavonoidi) e di farmaci antinfiammatori e/o anticoagulanti, da assumere per uno o più cicli di cura.
- L’intervento chirurgico tradizionale consiste nello “stripping” (lo sfilamento) della grande safena, mediante una incisione a livello dell’inguine e una all’altezza della caviglia o, come si preferisce oggi, del ginocchio (il cosiddetto “stripping corto”).
- L’ablazione con radiofrequenza è un intervento chirurgico che, grazie all’energia a radiofrequenza, consente di riscaldare la parete delle vene varicose coinvolte nell’insufficienza venosa cronica. Mediante un piccolo taglio eseguito, generalmente, sopra il ginocchio si accede alla vena e con l’ausilio dell’ecografia, è possibile inserire un catetere nel vaso sanguigno coinvolto nella patologia. Dal catetere viene trasmessa energia a radiofrequenza che sottopone la vena al riscaldamento, che va a ledere le sue pareti chiudendola e bloccandola. A questo punto il sangue sarà naturalmente reindirizzato ad un circolo collaterale, scorrendo in una delle vene sane.
- Anche la laser terapia si avvale dell’ausilio di una guida ecografica e l’inserimento di un catetere in vena. Stavolta però è un raggio laser fatto passare attraverso il catetere, che rilascia l’energia necessaria per riscaldare la parete della vena varicosa responsabile dell’insufficienza venosa cronica fino ad occluderla. Di seguito e in maniera del tutto naturale, il sangue sarà reindirizzato a una delle vene sane attraverso un circolo collaterale.
Nei casi di varicosità iniziali, come alternativa allo “stripping“, è possibile intervenire con la “valvuloplastica safeno – femorale“, che consiste in un bendaggio di rinforzo della safena all’altezza dell’inguine.
Sempre nei casi di varicosità iniziali, un intervento terapeutico abbastanza diffuso sono le iniezioni sclerosanti, che causano la chiusura di interi tratti di vena superficiale compromessi, per escluderli dalla circolazione.
Se è vero che l’ablazione con la radiofrequenza e la laser terapia possono creare piccoli ma reversibili fastidiosi effetti collaterali quali ematomi, ustioni cutanee, formicolii alle gambe e lievi lesioni dei nervi, è pur vero che entrambi gli interventi producono risultati eccezionali nel trattamento dell’insufficienza venosa.
Per finire mi piace ricordare che: il tempo dedicato alla prevenzione non è mai “perso” ma solo ed esclusivamente “guadagnato”.