Varici e sport
Con l’esasperazione delle attività agonistiche ed ancor più con il boom dell’attività sportiva di intrattenimento la tematica delle vene varicose degli arti inferiori è sempre più attuale.
Al giorno d’oggi con l’eco color Doppler possono essere studiati e conseguentemente trattati soggetti che praticano sport sia a livello agonistico che amatoriale.
In conseguenza delle risultanze diagnostiche gli specialisti dell’attività motoria possono consigliare a coloro che risultano predisposti alla varicosi lo sport ed il grado di attività da esercitare.
Cenni di Anatomia e di Fisiopatologia
La sede più colpita dalla patologia varicosa è il sistema venoso degli arti inferiori.
Quando i muscoli del polpaccio si contraggono, il sangue è pompato verso l’alto nelle vene profonde. Normalmente le valvole delle vene perforanti impediscono che il sangue passi nelle vene superficiali.
Quando i muscoli del polpaccio si rilassano si produce una vera aspirazione di sangue dalle vene superficiali alle profonde. Se le valvole delle vene perforanti diventano insufficienti, queste ultime costituiscono vie di “perdita di alta pressione” durante la contrazione muscolare e la trasmissione di questa alta pressione dalle vene profonde a quelle superficiali comporta dilatazione e ristagno del sangue nelle vene superficiali.
La risultante dell’azione di influenze centrifughe e centripete è il ritorno venoso a livello degli arti inferiori. I fondamentali effetti centrifughi sono il sovrappeso, l’aumento della pressione addominale, la maggiore elasticità e dilatabilità delle vene e la lunghezza del percorso.
Le forze che agiscono in senso centripeto sono la vis a fronte, la vis a latere e la vis a tergo.
La vis a fronte è una forza di aspirazione influenzata dall’azione cardiaca e dalla respirazione in grado di far progredire il sangue venoso anti-gravitazionalmente.
La vis a latere è l’accelerazione impressa alla colonna ematica dalle pulsazioni delle arterie perivenose e dall’attività muscolare (pompa muscolare del polpaccio). L’attività muscolare, infatti, funziona come una pompa aspirante/premente.
L’energia residua della sistole ventricolare sinistra che si trasferisce al circolo venoso costituisce la vis a tergo.
Epidemiologia ed Etiologia
Nella popolazione generale la malattia varicosa ha una frequenza del 15%-30%, se si considera unicamente la degenerazione dei sistemi della vena Safena e delle sue collaterali. Qualora si voglia estendere il concetto anche alle modeste varicosità di rilevanza solamente estetica tale cifra arriva al 45%.
Sino ad oggi non sono noti studi epidemiologici longitudinali sugli sportivi in grado di documentare l’insorgenza di varicosi e la correlazione tra sport e varicosi.
Nello sportivo si possono differenziare le varici d’atleta dalle varici vere, a loro volta classificate in primitive e secondarie.
La frequenza delle varici d’atleta si stima intorno all’11,5% -18,4%, mentre quella delle varici vere negli sportivi oscilla dallo 0 al 15%.
La malattia varicosa è causata da molti fattori concomitanti che possono agire in maniera variabile in ogni individuo. In genere uno solo di questi fattori non è sufficiente a spiegare l’insorgenza di varici. Tra le cause principali si pongono l’ereditarietà, la vita sedentaria, le lesioni del sistema valvolare, le anomalie della parete venosa, le alterazioni del sistema di ”pompa muscolare”, le influenze ormonali, il sovrappeso, la stitichezza e la postura.
In base al tipo di vene coinvolte si distinguono, partendo dalle più grandi alle più piccole:
- Varici tronculari, che coinvolgono le vene Safene;
- Varici reticolari, che interessano i rami afferenti alle Safene;
- Teleangectasie o microvarici, che sono dilatazioni delle venule.
Man mano che ci si allontana dagli assi vascolari maggiori si hanno vene varicose sempre più piccole fino ad arrivare alle varici del derma.
Non è detto che esistano tutte contemporaneamente ma possono anche presentarsi singolarmente, in quanto l’una non è un’ evoluzione dell’altra. Si possono delineare pertanto vari quadri.
Le vene varicose si dicono primitive quando non vi si riconosce una causa precisa (sono la percentuale maggiore), anche se è possibile individuare una serie di “fattori di rischio” responsabili della loro comparsa. In rari casi le varici sono secondarie ad altre malattie.
Varici Vere Primitive
A seguito dell’attività sportiva la comparsa di varici vere è evento che si colloca in una percentuale tra lo 0 ed il 15%.
In soggetti con predisposizione familiare e costituzionale alcune attività di tipo agonistico con sforzo intenso costituiscono una concausa per l’insorgenza di varicosi.
Per definire l’origine delle varici vere primitive sono state proposte numerose teorie che associano ai fattori predisponenti le alterazioni emodinamiche conseguenti a stimoli posturali ed a sollecitazioni provocate dai vari sport.
In alcuni sport il manifestarsi di varici è più costante (Canoa, Kajak, Salto in alto).
Esiste sicuramente un rapporto tra la gestualità degli sport e le variazioni emodinamiche che ricadono sul sistema venoso.
In primis va considerato che nel corso di una pratica sportiva l’attività muscolare può verificarsi con contrazioni isotoniche e/o isometriche.
A queste corrispondono esercizi fisici classificati come dinamici, statici, misti (statici intermittenti o semistatici).
Le contrazioni isotoniche coinvolgono importanti masse muscolari in maniera ritmica ed armonica. Si realizza così un ritorno venoso costante ed imponente.
Sport contraddistinti da sforzi fisici dinamici come la ginnastica, la marcia ed il ciclismo determinano un’azione favorevole sulla circolazione venosa.
Le contrazioni isometriche si riferiscono a masse muscolari di volume inferiore determinano sforzi fisici statici con fissazione posturale, flusso discontinuo con repentini incrementi di pressione e sollecitazioni meccaniche sugli apparati valvolari di maggiore o minore violenza.
Si considerano come sport statici la canoa e lo sci alpino.
Si annoverano tra gli sport misti quelli statici intermittenti come il rugby, il volley, il football ed il tennis.
Il nuoto è uno sport semistatico in cui però i movimenti statici delle varie gestualità sono equilibrati dalla soppressione della forza gravitazionale dovuta all’azione dell’acqua. Ciò lo rende pertanto salutare per il circolo venoso.
Un’altra classificazione divide gli sport in base alle noxae che possono provocare sul sistema venoso in sport che determinano sovraccarico di pressione, sport che determinano sovraccarico di volume e sport che determinano sovraccarico di pressione e di volume.
Un sovraccarico di pressione si ha nelle attività che presuppongono salti o stop improvvisi durante la corsa con un brusco arresto del ritorno venoso (salto in alto, lancio del disco, del peso, del martello e del giavellotto, tennis, basket, football, rugby e pallavolo).
Sovraccarico di volume si ha nelle attività con costrizioni posturali in atteggiamenti statici da cui deriva blocco della pompa muscolare come ad esempio nell’equitazione e nel canottaggio. Ambedue le modifiche fisiopatologiche sono caratterizzabili negli sport in cui bruschi aumenti della pressione intratoracica ed intraddominale si sommano a riduzione del flusso per contrazioni isometriche come avviene per i rocciatori, i lottatori ed i sollevatori di pesi.
Varici Vere Secondarie
Le varici vere secondarie sono spesso di natura post traumatica oppure possono derivare da entrapment della vena poplitea. In alcuni sport di contatto come il judo, il rugby, ed il calcio i traumi sono praticamente inevitabili, mentre in sport come lo sci ed il pattinaggio rappresentano un evento occasionale. I traumi possono essere diretti od indiretti come nel calcio a vuoto.
Da ciò scaturiscono lesioni a più livelli: contusione venosa parietale, abolizione del tono simpatico, apertura massiva di anastomosi artero venose e soprattutto possibili trombosi venose superficiali o profonde a cui conseguono l’incontinenza valvolare con varicosi o una sindrome post-flebitica.
La sindrome post-flebitica è l’insieme di disturbi che possono manifestarsi dopo una trombosi venosa profonda. In conseguenza del trauma può anche aversi un’emorragia sotto fasciale per distrazione muscolare con compressione venosa profonda ed eventuale trombosi.
L’entrapment della vena poplitea è un evento molto raro come pure le varici ad esso secondarie.
Varici d’Atleta e Turgore Venoso
Le varici d’atleta sono manifestazione dell’aumento di volume dei rami safenici per un adattamento funzionale all’aumento del flusso creato dall’attività fisica che può raggiungere un picco fino a venti volte i valori della norma.
Il processo definito turgore venoso non è dimostrazione di patologia. Negli sportivi la dilatazione venosa è più manifesta sia per la scarsità del grasso sottocutaneo, sia per l’ipertrofia muscolare. La dilatazione si presenta come una distensione omogenea e lineare che interessa tutta la lunghezza del vaso in assenza di tortuosità e di ectasie segmentarie.
La parete venosa è ipertrofica; le valvole sono integre sotto un profilo anatomo funzionale.
Il turgore venoso non è da ritenersi varicoso.
Il turgore venoso è una distensione fisiologica; viceversa la varice è una dilatazione patologica.
La possibile presenza di incontinenza valvolare spesso reversibile, può essere la prima espressione di un’insufficienza venosa latente.
Le varici d’atleta si accentuano durante i periodi di intensa attività e si riducono nei periodi di riposo. Oltre che agli arti inferiori (ciclisti, fondisti, velocisti) possono localizzarsi anche agli arti superiori (canoisti, canottieri, ginnasti) ed in questo caso possono essere monolaterali come nei tennisti e negli schermitori.
Diagnosi
Semeioticamente la diagnosi di malattia varicosa viene fatta in genere sulla base dell’esame clinico. E’ possibile distinguere le varici dal turgore venoso ove il vaso è omogeneamente disteso per tutta la sua lunghezza in assenza di ectasie segmentarie, tortuosità pacchetti di vene. Due sono le manovre semeiologiche più usate: la prova di Trendelenburg e la prova di Perthes.
La diagnosi si avvale anche di un insostituibile momento strumentale che vede nell’eco color Doppler l’indagine più diffusa e più esaustiva.
L’eco color Doppler consente di porre la diagnosi differenziale tra varici vere e turgore venoso sulla scorta della presenza della continenza valvolare sempre evidenziabile nelle varici d’atleta.
L’incontinenza valvolare può smascherare un’insufficienza venosa latente.
Ci si può avvalere della manovra di Valsalva per documentare la continenza safenica in real-time.
L’eco color Doppler distingue le varici primitive e le post-traumatiche da quelle derivanti da entrapment della vena poplitea.
Anche in questo caso viene in aiuto l’esecuzione della manovra di Valsalva.
Inoltre l’eco color Doppler ben definisce il rapporto anomalo tra la vena e le strutture muscolo tendinee circostanti.
Nei casi dubbi si ricorre alla flebografia dinamica, presupposto ad un eventuale approccio di tipo chirurgico.
Cenni sul Trattamento
In base all’eziologia ed al grado della varicosi ed in considerazione del tipo di attività sportiva svolta, se amatoriale o agonistica, si stabilisce il miglior genere di trattamento.
Utile anche il rispetto di norme igieniche e comportamentali come evitare i bagni in acqua calda, l’esposizione a fonti di calore, le saune, i fanghi e le sabbiature.
E‘ salutare dormire sollevando gli arti inferiori di almeno otto centimetri rispetto al torace. Grande attenzione deve essere rivolta anche alle calzature ed all’auto-massaggio dei piedi e delle gambe da eseguirsi a termine della giornata. Un ruolo importante è rivestito dalla elastocompressione con l’uso di tutori elastici.
I tutori elastici sono consigliabili in questi pazienti, sia nel corso delle comuni attività quotidiane che durante la pratica dell’agonismo sempre che siano compatibili con la stessa.
Le calze elastiche devono essere considerate da tutti coloro che soffrono di insufficienza veno-linfatica come una vera e propria terapia importante al pari degli interventi chirurgici e dei farmaci.
Per quanto concerne la terapia farmacologia essa si basa sull’uso di sostanze flebotoniche, antiedemigene, profibrinolitiche ed antinfiammatorie. Il trattamento chirurgico propone vari interventi tra cui la scleroterapia ed operazioni di tipo demolitivo, o conservativo.
Sport Si e Sport No
Alcuni sport aiutano la circolazione venosa (ed anche quella arteriosa), mentre altri, pur attivandola, favoriscono picchi di ipertensione e sbalzi di pressione non salutari, specie in presenza di iniziale insufficienza venosa.
Le varie attività sportive possono essere suddivise in sport salutari per il sistema venoso, sport da praticare con prudenza, sport deleteri per il sistema venoso.
Negli sport salutari per il sistema venoso lo sforzo è dinamico e ritmico con contrazioni muscolari isotoniche determinanti un costante flusso di ritorno. Abbinati a respirazione regolare e profonda, i movimenti simulano i meccanismi della deambulazione quotidiana.
Possono essere definiti “sport di locomozione” sulla terra, sulla neve, sul ghiaccio e nell’acqua.
Tra questi si elencano la ginnastica a corpo libero, la marcia, il golf, la corsa, lo jogging (praticati su terreni soffici e con scarpe che attutiscono i contraccolpi), il ciclismo, la danza, il nuoto, lo sci di fondo ed il pattinaggio.
Camminare è la forma migliore di attivazione della pompa venosa. La velocità e la modalità della marcia possono essere regolate in base all’esigenza, senza sovraccaricare il cuore o la respirazione.
Può essere, di conseguenza, l’attività ideale anche per un cardiopatico od un anziano. L’uso di una calzatura adeguata è fondamentale.
Camminando nell’acqua si aggiunge un elemento di compressione esterna molto salutare.
Il risultato è un “massaggio” costante e delicato, ad una temperatura più bassa, con la richiesta di un “lavoro” maggiore ai muscoli, ma eseguito più lentamente. Un altro vantaggio è legato al minor peso, nell’acqua, del corpo sulle articolazioni, che a parità di lavoro, subiscono un carico minore, per cui questo tipo di attività motoria è utile nel recupero delle lesioni articolari.La ginnastica in acqua sfrutta lo stesso principio.
Tra gli sport da praticare con prudenza si richiede una discreta attenzione nel tennis, soprattutto su campi duri.
Contraccolpi sulla colonna venosa possono verificarsi in sport che propongono arresti bruschi come il tennis da tavolo, lo squash, la pelota che bloccano il diaframma intermittentemente e ripetutamente.
In più bloccano le articolazioni provocando continue accelerazioni e rallentamenti della colonna di sangue, sottoponendo le valvole ad un duro lavoro. Questi sport non devono essere considerati “nocivi” in assoluto, soprattutto se praticati con entusiasmo. Sono solo potenzialmente dannosi se eseguiti in maniera esagerata e senza allenamento.
Pure l’equitazione costringe a posizioni obbligate che riducono lo scarico venoso e determinano compressione dei tronchi safenici contro il fianco del cavallo. In questa categoria si annovera anche lo sci alpino che genera contrazioni muscolari statiche degli arti e per le ripercussioni derivanti dall’uso dei moderni scarponi oltre alla sempre possibile eventualità di insulti traumatici degli arti inferiori in seguito a cadute.
Come sport deleteri sono considerate quelle attività statiche con sovraccarico del sistema venoso degli arti inferiori derivanti dal blocco della respirazione. Hanno ripercussioni sugli apparati valvolari salti e balzi improvvisi come si verificano nel salto in alto, nel salto in lungo, nella corsa ad ostacoli, nella scherma, nella pallavolo e nel basket.
Come elemento patogenetico favorente va citata anche l’elevata altezza dei praticanti questi sport.
Sforzi brevi, intensi e statici si registrano anche sul lancio del disco, del peso e del giavellotto.
Nel sollevamento pesi entra in gioco anche la posizione obbligata degli arti inferiori con contrazione isometrica dei muscoli flessori delle gambe e dei quadricipiti.
Contrazioni repentine massimali si hanno anche nel rugby e nella lotta libera e greco romana. Karate, judo e calcio sono a rischio per i traumi diretti. Nel football al momento del tiro a ginocchio piegato, la pressione venosa raggiunge i 200 mHg con “effetto esplosione” sui lembi valvolari delle perforanti.
Un rallentamento dello scarico venoso dovuto alla posizione ed alle contrazioni isometriche dei muscoli degli arti inferiori si ha nel canottaggio, nella canoa e soprattutto nella canoa canadese con le gambe bloccate in flessione.
L’aumento della pressione intratoracica ed intraddominale assieme alle contrazioni isometriche degli arti inferiori crea un difficoltoso scarico venoso anche nella vela.
Conclusioni
Il progredire della malattia varicosa nello sportivo è più veloce rispetto alla popolazione generale per l’applicazione costante della noxa patogena. Le complicazioni non si diversificano, come tipo e come frequenza, da quelle dei pazienti inattivi da un punto di vista sportivo, eccezion fatta per alcune discipline particolari come il rugby, il judo e il calcio ove si contano più frequentemente tromboflebiti post-traumatiche.
Una sana ed equilibrata pratica sportiva è fondamentale nella prevenzione e nella terapia della varicosi per combattere la sedentarietà ed il sovrappeso e per controbilanciare l’ortostatismo senza lavoro muscolare cui la vita moderna costringe molti soggetti esponendoli ad un forte rischio di comparsa di varici.
Cosa è l’Ecodoppler?
Ecodoppler: esame per lo studio del sistema venoso e arterioso
L’Ecodoppler è un esame non invasivo e non doloroso che permette lo studio anatomico e funzionale del sistema venoso e arterioso. In particolare questo esame nella pratica è utilizzato soprattutto per lo studio del sistema degli arti inferiori in quanto più frequentemente soggetto ad alterazione funzionale.
Come funziona l’Ecodoppler?
Le apparecchiature moderne Ecodoppler sono dotate di molteplici modalità di funzionamento che permettono di analizzare nello specifico determinati parametri.
Il B-mode permette di studiare la morfologia delle pareti, dilatazioni, la mobilità, la presenza di trombi.
Il Color-Doppler pulsato permette di valutare tramite l’effetto “doppler” i flussi di sangue sia nel sistema venoso che arterioso e valutare la velocità, “restringimenti” del vaso, la direzione del flusso. Tramite questa metodica si possono ricercare reflussi nel sistema venoso, che sono alla base della patologia venosa, e stenosi del sistema arterioso permettendo di distinguere tra stenosi emodinamicamente significative e non.
Come si esegue l’esame Ecodoppler agli arti inferiori?
L’esame consta di due momenti, uno con paziente in clinostatismo e uno in ortostatismo.
Con il paziente disteso sul lettino, si effettua la “CUS” una compressione con la sonda sul decorso delle vene prossimali e distali, questa manovra permette di verificare il completo collasso della vena e quindi di accertarsi della sua pervietà (assenza di trombi all’interno del lume). Durante questa fase viene fatto un primo studio sull’anatomia del sistema artero-venoso e valutata la pervietà e il flusso prossimale e distale nel sistema arterioso.
Al paziente viene poi chiesto di mettersi di spalle e con gamba a 0° di flettere leggermente il ginocchio per permette lo studio del sistema venoso, profondo (poplitea) e superficiale (safena esterna, gemellari ecc) della gamba. Anche in questo caso si valutano i calibri e vengono effettuate delle manovre di attivazione che permettono di studiare “la tenuta” del sistema valvolare. Le manovre sono la compressione dei polpacci e la manovra di Paranà. Queste due attivano passivamente e attivamente la pompa muscolare del piede e del polpaccio e spostano il sangue dal basso verso l’alto, se il sangue successivamente refluisce verso il basso si è in presenza di una situazione patologica che va approfondita come si è fatto per la coscia.
L’esame termina con una compilazione di un referto nel quale si riportano i dati evidenziati dall’esame e, nel caso di alterazioni patologiche, le possibili strategie terapeutiche.
Quanto dura l’esame Ecodoppler agli arti inferiori?
L’esame ha una durata variabile da 20 minuti a più di 45 in caso di situazioni complesse nelle quali bisogna analizzare a fondo il sistema venoso incontinente per poter offrire la miglior strategia terapeutica.
È necessaria una preparazione prima dell’esame?
Non è richiesta nessuna preparazione prima dell’esame. Il paziente può mangiare regolarmente prima e dopo l’esame e può assumere la sua normale terapia farmacologica.
Ci sono controindicazioni all’esame Ecodoppler?
Non ci sono controindicazioni di nessun tipo in quanto è un esame non invasivo, esente da qualsiasi complicanza e può essere effettuato in qualsiasi momento.
Dopo l’esame cosa mi aspetta?
Nei pazienti che non presentano nessuna alterazione anatomo-funzionale il consiglio è quello di effettuare dei controlli periodici o di rivolgersi nuovamente al medico in caso di comparsa di una sintomatologia.
Nei pazienti che invece presentano una alterazione del sistema viene stabilito un piano terapeutico in accordo con il medico.
Trattamento conservativo delle emorroidi
Cosa sono le emorroidi?
Le emorroidi devono essere considerate dei veri e propri cuscinetti endoanali, caratterizzati da una particolare tipologia di tessuto vascolare, costituita da un elevato numero di anastomosi artero–venose e sostenuta da tessuto connettivo ricco di fibre elastiche e collagene. La principale funzione dei cuscinetti emorroidari è quella di contribuire al mantenimento di una adeguata continenza, mediante un meccanismo di regolazione, non ancora ben definito, mediato dalle summenzionate anastomosi vascolari.
La patologia emorroidaria è solitamente il risultato di ripetuti e protratti sforzi defecatori che determinano un progressivo indebolimento del sostegno vasculo-connettivale delle emorroidi, con conseguente prolasso della mucosa sovrastante i cuscinetti emorroidari e congestione vascolare degli stessi. È convenzionalmente adoperata la classificazione in gradi sec. Goligher per definire la gravità della patologia emorroidaria e tale suddivisione rappresenta uno strumento indispensabile per individuare l’opzione terapeutica migliore tra le numerose disponibili.
Infatti è opportuno indirizzare al trattamento conservativo soltanto i pazienti affetti da emorroidi di I e II grado sintomatiche, che si manifestano con un quadro clinico caratterizzato precipuamente da episodi di sanguinamento (ematochezia) frequenti ma non copiosi, tenesmo rettale (I grado) e minimo prolasso mucoso, cioè spontaneamente riducibile (II grado). Nei casi in cui vengano riscontrate emorroidi di III grado (prolasso riducibile solo manualmente) o di IV grado (prolasso non riducibile, emorroidi sempre al di fuori del canale anale), le uniche opzioni terapeutiche risolutive sono quelle chirurgiche.
Trattamento delle emorroidi
Il trattamento conservativo riconosce quali elementi fondanti specifiche norme dietetico–comportamentali (dieta ricca in fibre ed acqua non gasata, non prolungare oltremodo la seduta sul water, regolare attività fisica, ecc.) allo scopo di ridurre gli sforzi defecatori, e la somministrazione di flavonoidi per os, con la finalità di migliorare il tono della parete vasale a livello dei cuscinetti emorroidari. Gli integratori più utilizzati sono concentrati di diosmina, esperidina, troxerutina ed escina, ricavate da vegetali quali vite rossa, centella, rusco, ippocastano, ecc. Talvolta a tale terapia va aggiunto un antinfiammatorio topico, cioè supposta di corticosteroide, nei casi in cui via sia anche flogosi del canale anale.
Qualora un soddisfacente controllo della sintomatologia non fosse ottenuto con gli accorgimenti sopra descritti, possono rivelarsi utili i seguenti trattamenti:
- scleroterapia;
- legatura elastica;
- HeLP.
Queste metodiche sono tutte eseguibili in regime ambulatoriale, senza necessità di anestesia perché interessano la porzione di mucosa subito al di sopra della linea pettinea, dove le fibre nervose della sensibilità dolorifica sono scarsamente rappresentate, e non prevedono l’exeresi chirurgica di tessuto emorroidario.
La scleroterapia consiste nella somministrazione di un agente sclerosante (vedi tabella seguente) alla base del gavocciolo emorroidario congesto, ottenendo di conseguenza una marcata fibrosi dell’intero cuscinetto vascolare.
[table class=”table-striped” caption=”SCLEROTERAPIA DELLE EMORROIDI” width=”700″ colwidth=”350|350″ colalign=”left|left”] AGENTE,DOSE
Fenolo in olio di mandorla al 5% (PAO),2 ml per ciascun nodulo emorroidario
Polidocanolo al 3%,1 ml per ciascun nodulo emorroidario (0.5 ml per il nodulo a ore 11 per il rischio di danno uretrale e/o prostatico)
Alluminio potassio solfato e acido tannico (ALTA) | di piu’ recente introduzione,10 ml per nodulo emorroidario (la dose complessiva non deve mai superare i 40 ml)
[/table]
La legatura elastica (tecnica introdotta da Barron) consiste nell’applicazione, tramite una apposita “pistola” monouso, di uno o più lacci di gomma alla base dei gavoccioli emorroidari, riducendone in tal modo l’apporto vascolare. Dopo circa una settimana si verifica la necrosi del nodulo emorroidario per ischemia e la retrazione cicatriziale della mucosa residua (mucopessi secondaria). Un trattamento adeguato sia sclerosante sia con legature elastiche consiste di solito in un ciclo di almeno due sedute ambulatoriali, eseguite a distanza di circa dieci giorni l’una dall’altra.
Questi trattamenti sono gravati dalle seguenti complicanze: dolore, tenesmo e, molto più raramente, ritenzione urinaria acuta ed emorragia.
Le crescenti applicazioni della laser–chirurgia in campo proctologico hanno contribuito ad ampliare il ventaglio di procedure ambulatoriali disponibili. In effetti la HeLP (Hemorroidal Laser Procedure) rappresenta un trattamento innovativo, che si prefigge di dare un minimo discomfort al paziente con conseguente rapida dimissione post–procedura. La metodica prevede l’utilizzo di una fibra laser a diodi 980 nm (nanometri), introdotta in un anoscopio dedicato, per ottenere l’obliterazione delle ramificazioni più periferiche dell’arteria emorroidaria inferiore individuate con apposita sonda doppler endoanale. Tale tecnica si basa sulla teoria eziopatogenetica che riconosce quale causa principale della malattia emorroidaria l’ipervascolarizzazione dei cuscinetti emorroidari ed essa, quindi, mira a ridurre l’afflusso sanguigno a tali strutture anatomiche.
La crioterapia e la fotocoagulazione ad infrarossi sono ulteriori due procedure utilizzate in passato e ad oggi praticamente obsolete a causa della bassa compliance al trattamento dimostrata dai pazienti e degli scarsi risultati osservati dopo adeguato follow-up.
Dott. Giovanni Cestaro, Prof. Maurizio Gentile