Dieta Mediterranea
Diciamocela tutta, in fatto di diete la forza di volontà non sempre è dalla nostra. Spesso tra noi e il cibo si crea un rapporto di tira e molla, che ci fa cadere in quello che solitamente viene definito “effetto yo-yo”.
Alcune diete, che vanno molto di moda, propongono giorni in cui si limita drasticamente l’apporto calorico (a un quarto della dose giornaliera o meno) e giorni di “festa”. Un regime alimentare diventato famoso per i presunti vantaggi nel vivere più a lungo. La notizia è che forse le cose non stanno proprio così, perché il digiuno intermittente, aumenta la “pancetta” e il rischio di diabete di tipo 2.
Queste sono le conclusioni di un nuovo studio presentato al Congresso Annuale della Società Europea di Endocrinologia tenutosi a Barcellona, uno studio che dimostra come questa popolare “dieta fast“, anche se può fa perdere peso, ha effetti dannosi sul metabolismo e aumenta la produzione di insulina.
In particolare, ad aumentare sono lo stress ossidativo e la produzione di radicali liberi, che accelerano il processo di invecchiamento e addirittura il danneggiamento del DNA. I ricercatori dell’Università di San Paolo in Brasile, guidati da Ana Cláudia Munhoz Bonassa, sono passati alla prova dei fatti.
La conclusione?
Meglio seguire un regime alimentare equilibrato, quale la Dieta Mediterranea, basato magari su un patrimonio inestimabile che ci è proprio, ma che scegliamo spesso di ignorare in favore di pasti da fast food e altro cibo spazzatura.
Insomma,
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La vitamina D: uno scudo contro il tumore al colon-retto
Che la vitamina D faccia bene lo si sa da tempo, ma ora si scopre addirittura che alti livelli nel sangue servono a proteggerci dal rischio di contrarre quella che in Italia è una delle forme più diffuse di cancro, vale a dire il tumore del colon-retto.
La conferma di questa importante funzione di “scudo protettivo” di una vitamina già nota per i suoi molti benefici per la salute è uno studio internazionale nato dalla collaborazione di ricercatori europei, americani e asiatici, pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute.
Sabina Sieri, epidemiologa presso la Fondazione Irccs-Istituto Nazionale dei Tumori e co-autore dell’articolo spiega che «il rischio di sviluppare un tumore del colon-retto nel corso della vita è di una donna su 24 e di un uomo su 22; è la seconda causa di decessi attribuibili a tumore negli uomini e nelle donne». Della vitamina D è nota la capacità di difendere la salute delle ossa, ma i ricercatori hanno deciso di andare oltre e capire se i livelli che proteggono le ossa sono sufficienti anche per avere questo effetto “scudo” rispetto alle neoplasie del colon.
L’analisi è stata fatta su 5.700 casi di tumore del colon-retto e 7.100 casi controllo, appartenenti a 17 coorti e osservati per 5,5 anni. In questo arco di tempo, rispetto ai soggetti con concentrazioni di vitamina D circolanti ritenute adeguate per la salute dell’osso, quelli con concentrazioni sub-ottimali hanno presentato un rischio maggiore del 31% di sviluppare un tumore del colon-retto. Livelli superiori a quelli ritenuti adeguati per la salute dell’osso sono stati associati a un rischio inferiore del 27%. Dunque, conclude Sieri, i livelli «raccomandati per la salute delle ossa potrebbero essere inferiori a quelle che sarebbero ottimali per la prevenzione del tumore del colon-retto».
Voi, assumete le giuste quantità di questa e di altre importanti vitamine?
Disfunzione tiroidea: un piccolo segreto per prevenirla!
Fiacchezza, debolezza muscolare, nervosismo e irritabilità. Ma anche disturbi del sonno o fastidi intestinali, possono essere campanelli d’allarme di un problema divenuto ormai epidemico: la disfunzione tiroidea.
Ed incredibile quanto questa piccola ghiandola possa incidere sulla qualità di vita, non a caso il presidente della Società Italiana di Endocrinologia, Paolo Vitti (anche responsabile scientifico della Settimana mondiale della tiroide), dal 21 al 27 maggio, la definisce «la “centralina” che regola l’energia di tutto il nostro organismo».
Ma, come funziona questa “centralina”? Una cosa che non tutti sanno è che esiste un piccolo segreto per prevenire le malattie della tiroide: assumere iodio in quantità adeguate, visto che proprio lo iodio è il costituente essenziale degli ormoni tiroidei.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda, quindi, di usare sale iodato. In molti casi si possono usare anche integratori avere una carica supplementare di iodio. Il fabbisogno quotidiano stimato di iodio è di 150 microgrammi per gli adulti, 90 per i bambini fino a sei anni, 120 per i bambini in età scolare e 250 per le donne in gravidanza e durante l’allattamento.
Ciò che invece è assolutamente da evitare è il cosiddetto «screening indifferenziato», che alla fine non porta a nulla. In caso di disturbi il consiglio è sempre lo stesso: parlarne con il proprio medico per una visita specialistica.
Estate: come difenderci dai malori legati al gran caldo
Le temperature salgono e il rischio di malori aumenta
L’allarme dei medici riguarda tanto i grandi quanto i più piccoli, perché ormai il sole non è più quello di una volta. Al di là di ciò che è ovvio, vale a dire che bisognerebbe evitare di uscire nelle ore più calde, esistono alcuni piccoli consigli che possono tenerci al riparo e consentirci di affrontare al meglio il solleone. La prima regola è idratarsi. Ad esempio aggiungere succo di limone e menta fresca all’acqua serve a reintegrare i sali minerali.
Per rinfrescarsi (con l’effetto combinato di combattere al tempo stesso la cellulite), è utile un drink drenante all’anguria e menta: per 2 persone basta frullare 400 grammi di anguria, il succo di un limone, 5-6 foglioline di menta fresca e 200 ml di acqua. Poi, indumenti freschi. Meglio evitare abiti in fibre sintetiche, poliestere e nylon e prediligere abiti in cotone e lino, ma anche la viscosa, che lasciano traspirare meglio la pelle e non fanno aumentare la temperatura corporea.
Il miglior modo per proteggere la testa è quello di bagnare un cappello di cotone con la tesa rigida che deve essere indossato quando si fanno camminate sotto il sole o se ci si espone in spiaggia. Regola numero tre: mangiare poco e spesso. È bene non abbuffarsi perché la digestione diventa impegnativa e quindi richiama più sangue all’interno dell’apparato digerente privandone gli altri organi.
Per i più piccoli, infine, evitare di esporli al sole e fargli praticare attività fisica o sportiva nelle ore più calde. Bisogna invece bagnargli spesso la testa e rinfrescare tutto il corpo, senza dimenticare di aumentare l’apporto di acqua per reintegrare i liquidi persi con la sudorazione. E a tavola, tanta frutta e verdura.
Le uova? Nessun problema per il colesterolo
Le uova? Non sono un problema per il colesterolo
Niente paura, non è una fake news, bensì il risultato di uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, tra le più accreditate riviste scientifiche del settore. Sacrificate sull’altare della salute per decenni, le uova sono state per così dire “riabilitate” grazie ad uno studio realizzato dai ricercatori dell’Università di Sydney (Australia).
Lo studio ha paragonato una dieta ricca di uova con una priva o quasi, indagando i rispettivi effetti sulla salute. I risultati? Sorprendenti. La prima dieta, ricca di uova, non è meno salutare della seconda. Addirittura, gli autori dello studio sono arrivati alla conclusione che non esiste alcuna ragione per eliminare le uova dai menù delle persone con un diabete di tipo 2 o con un pre-diabete, più esposte al rischio di malattie cardiovascolari perché i loro livelli di colesterolo “cattivo”, Ldl, sono generalmente più alti della norma. I ricercatori dell’Università di Sydney arrivano ad ipotizzare un consumo di 12 uova a settimana, quantità che francamente sembra eccessiva. L’opzione migliore è il buon senso, stavolta con la consapevolezza di poter scegliere anche le uova senza per questo dover affrontare sensi di colpa.
E voi, siete pronti a “riabilitare” le uova nella vostra dieta?
Gambe sane
Avere gambe sane aiuta a mantenere in forma anche il cervello. Il paradigma potrebbe sembrare azzardato, ma non lo è. Non è infatti la solita bufala da social network, bensì il frutto di uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Neuroscience dal gruppo di Raffaella Adami dell’Università di Milano.
Ma cosa lega le gambe alle capacità cognitive?
La risposta è nelle “cellule staminali neurali”, fondamentali per la salute del cervello. Il gruppo dell’università di Milano ha scoperto infatti che camminare, fare esercizi con le gambe, stimola la formazione di nuove cellule nervose. Dopo soli 28 giorni di immobilismo si manifestano i primi effetti negativi, basti pensare che in un tempo così breve si è notata una riduzione delle staminali neurali del 70%.
Questo lavoro potrebbe aprire le porte a trattamenti preventivi, anche farmacologici, per le persone che hanno problemi a muoversi o sono costrette a letto. Per tutti gli altri, l’imperativo è uno e uno solo: muoversi. Una passeggiata veloce, anche 30 o 40 minuti al giorno, può aiutare molto.
Meglio consultare uno specialista se ci sono problemi specifici, ad esempio di appoggio del piede. Migliorare l’appoggio può significare ridurre anche del 40% eventuali problemi vascolari, perché il piede e la muscolatura del polpaccio funzionano come una pompa per le vene e per il sistema linfatico. L’esperimento da fare è semplice, basta guardare i tacchi delle scarpe. Sono consumati in maniera omogenea?
L’ansia
L’ansia, quando non sfocia in un disturbo patologico, può essere tenuta a bada con i probiotici. Sono arrivati a questa conclusione i ricercatori di due delle principali Università italiane (Tor Vergata e Sapienza), e i medici del Policlinico Gemelli. La ricerca ha meritato anche la pubblicazione sul Journal of Transactional Medicine, tra la maggiori riviste scientifiche di settore.
Oggetto dello studio è stato il “microbiota intestinale“, che tradotto in termini comprensibili è l’insieme dei microrganismi che abitano l’intestino umano. In soggetti ansiosi, l’impiego di probiotici ha dato ottimi risultati. Del resto, come spiega Antonino De Lorenzo: (direttore della Scuola di specializzazione in scienze dell’alimentazione di Tor Vergata) «Ad oggi sono conosciuti solo il 10% degli effetti della flora batterica».
Così, assieme al professor Antonio Gasbarrini del Policlinico Gemelli è stato creato un network per affrontare questo grande tema della ricerca. Resta da analizzare e scoprire le caratteristiche e gli effetti del restante 90%. Piccola curiosità, nella sperimentazione portata a termine la terapia con probiotici scelti ad hoc ha portato effetti anche a chi è colpito da sovrappeso o da sindrome metabolica.
Anche in assenza di una dieta c’è stata una leggera modulazione della composizione corporea, con un calo di peso e una riduzione del tessuto adiposo. Se qualcuno stesse già pensando di dimagrire assumendo probiotici, però, meglio lasciar perdere. L’unico modo è seguire un regime alimentare sano e, perché no, praticare un po’ di sport.
“Vacanze Sicure”
Pronti alle vacanze?
Se avete scelto mete esotiche state attenti, perché il rischio (molto concreto) è quello di commettere errori apparentemente banali, che potrebbero però rovinare il viaggio. Occhi aperti su cibi e bevande: sia chiaro, non serve un controllo maniacale, tuttavia quando si viaggia in zone igienicamente “poco sicure” ci sono alcune cose da tenera a mente.
Uno dei nemici è il ghiaccio, che non va mai aggiunto alle bevande sigillate (le uniche sicure). I molluschi crudi sono ovviamente da evitare, perché potrebbero veicolare infezioni o parassiti. Stesso discorso per il pesce crudo, che non sia stato sottoposto ad abbattimento a -30°. Attenzione anche alle insalate.
Se si visitano paesi in cui il tifo addominale è ancora endemico, la vaccinazione è certamente il miglior consiglio. Sempre e solo per chi ha scelto una vacanza all’avventura, attenzione a dove fate il bagno. Nei paesi tropicali, ad esempio, meglio evitare le splendide acque dolci interne, si potrebbe incappare nella “schistosomiasi”, una malattia causata da minuscoli vermi piatti. Nulla di terribile, sia chiaro, ma si potrebbe dover convivere per un po con il cosiddetto “prurito dei nuotatori”, arrivato addirittura in Italia. Segnalato dagli anni ‘90 nei laghi svizzeri e sul lago di Garda, il prurito dei nuotatori è stato poi riportato nel Verbano, nel lago di Castel Gandolfo e nel lago di Vico. Non si finisce in ospedale, ma di certo nessuno vorrebbe provare quest’esperienza, tantomeno in vacanza.
Un’iniezione per liberarci dall’emicrania
Un’iniezione potrà finalmente liberarci dall’emicrania. Non è uno scherzo, bensì l’effetto annunciato di nuovi farmaci, già approvati, che tra non molto arriveranno anche sul mercato italiano. Si tratta di un anticorpo monoclonale capace di attaccare con precisione il «peptide Cgrp», quindi il responsabile identificato per l’emicrania. In parole povere «oggi stanno arrivando sul mercato dei farmaci che sono capaci di interferire con il meccanismo che genera la malattia».
E a spiegarlo è uno dei maggiori esperti: Elio Agostoni, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Asst dell’ospedale Niguarda, a margine del IX Congresso Nazionale Anircef (Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee), che si è tenuto a Milano. «Fino ad oggi abbiamo curato le crisi di emicrania ma non la malattia, o meglio l’abbiamo fatto solo parzialmente». Ora si punta ad una strategia terapeutica che si focalizza sulla cura delle crisi, quando arrivano, ma soprattutto sulla cura vera e propria delle cause. Con i nuovi farmaci basterà una puntura trimestrale o mensile per cambiare le cose. Insomma, una vera e propria rivoluzione che restituirà qualità di vita a milioni di persone.
Mal di schiena
Soffrono di mal di schiena circa 540 milioni di persone al mondo, un numero gigantesco (e la stima è per difetto). Il problema del mal di schiena è che spesso i medici brancolano nel buio, e per “accendere la luce” si affidano con leggerezza a risonanza magnetica, farmaci e interventi chirurgici.
Ora, può sembrare semplicistico dire che è il momento di ripensare all’approccio con il mal di schiena, ma è proprio questo l’appello che arriva da tre studi pubblicati su The Lancet realizzati da un gruppo di ricerca internazionale guidato da Rachelle Buchbinder della Monash University di Melbourne, in Australia. Guardando, ad esempio, alla chirurgia: la fusione dei dischi, l’inserimento di dischi artificiali o la somministrazione di iniezioni spinali generalmente non sono d’aiuto.
Nel rapporto costi/benefici l’ago della bilancia propende decisamente verso i primi. Il problema in molti casi sono i soldi, anzi il business. In alcuni Paesi i pazienti con un mal di schiena di origine ignota sono fonte di guadagno, troppo per pensare di scegliere un altro approccio.
Lo stesso discorso vale per i farmaci, ai quali si lega anche una disinvolta somministrazione di oppioidi. Anche se «studi recenti hanno dimostrato che non sono più efficaci di altri più sicuri medicinali – ha detto Nadine Foster della Keele University, tra gli autori degli studi – tuttavia a molti pazienti vengono prescritti farmaci che hanno oppiacei al loro interno. I pazienti dovrebbero ricevere il farmaco più sicuro per il minore tempo possibile al dosaggio più basso».
Manipolazioni, movimento e una postura corretta possono portare risultati insperati. Anche se, come sempre, non esiste una ricetta miracolosa e ogni caso fa storia a sé.