Riflessologia plantare
Il massaggio plantare è nato millenni fa. Abbiamo alcuni disegni murali in una tomba Egizia del 2330 a.C. Alcune testimonianze scritte ci trasmettono l’uso di questa pratica nell’estremo Oriente e in Cina, ma possiamo dire che la pratica è nata nel bacino del Mediterraneo.
Che cos’è la riflessologia plantare?
È un massaggio zonale ai piedi che ha la funzione di riequilibrare da un punto di vista energetico il nostro organismo, prevenire e curare molte malattie. È una terapia olistica e in quanto tale, considera l’individuo nel suo insieme corpo-mente-spirito.
Attraverso questo massaggio sciogliamo e rimuoviamo blocchi energetici che ostacolano il libero fluire dell’energia nel nostro corpo. Massaggiando il piede secondo il sistema riflessologico, stimoliamo le terminazioni nervose collegate ai vari organi e quindi massaggiamo l’organo o quel punto del corpo in via riflessa. Si ristabilisce inoltre, quella fluidità circolatoria ed energetica alterata, migliorando il ritorno venoso.
Possiamo quindi, non solo ristabilire armonia e funzionalità ai nostri organi, ma anche prevenire lo sviluppo di problemi venosi e migliorare la funzionalità del sistema venoso.
La terapia anticoagulante
Nel caso di una trombosi venosa profonda o di una tromboflebite superficiale, la terapia anticoagulante deve essere attentamente controllata con esami della coagulazione; il controllo deve essere effettuato necessariamente dallo specialista o dal medico di famiglia, ma può essere utile sapere che: in caso di terapia eparinica la coagulazione viene controllata eseguendo un test sul sangue, che si chiama Ptt; è necessario inoltre, eseguire periodicamente un controllo delle piastrine.
In caso di terapia con anticoagulanti orali, il controllo viene eseguito con un esame del sangue che si chiama Pt, ma attualmente si preferisce utilizzare un indice standard che si chiama INR. L’INR normalmente è inferiore a 1, ma in caso di terapia con anticoagulanti si deve portare tra 2 e 3. Valori al di sopra del 4 (o al di sotto del 20% di Pt) possono essere responsabili di emorragia.
Durante la terapia anticoagulante, che può protrarsi anche per mesi o anni, è necessario rispettare una dieta costante, per evitare improvvise modificazioni del tempo di coagulazione.
Anche l’assunzione di eventuali nuovi farmaci deve essere sempre sottoposta al controllo dello specialista.
IVC e camminata quotidiana
La regola iniziale? Camminata quotidiana
Camminare fa bene alle gambe, in special modo a quelle che patiscono di Insufficienza Venosa Cronica. La prevenzione primaria suggerisce una passeggiata al giorno di almeno venti minuti con l’impiego contemporaneo di una calza elastica.
L’obbiettivo è quello di favorire il cosiddetto ritorno venoso che, a sua volta, evita ulteriore dilatazione delle vene e il peggioramento della malattia. Ma è anche importante controllare la corretta postura del piede che deve rispondere a precisi parametri.
I piedi in forma
Sette italiani su 10 hanno problemi alle estremità inferiori: basterebbero più igiene e buone calzature
I piedi non rappresentano solo l’estremità inferiore del corpo umano sono anche un capolavoro d’ingegneria. È sufficiente pensare ai suoi numeri: 26 ossa, 33 articolazioni, 114 legamenti, 20 muscoli e 250.000 ghiandole sudorifere.
Troppe volte li infiliamo nelle scarpe e ci dimentichiamo di loro, del grosso lavoro che svolgono, ci ricordiamo dei piedi solo quando ci fanno male; circa il 70% della popolazione ha patologie ai piedi ed una gran parte di queste sofferenze potrebbero essere attenuate con un minimo di prevenzione e di cura del piede.
Come mantengo in piedi in forma?
La scelta delle calzature, la pulizia dei piedi, le principali norme igieniche e la corretta andatura quando camminiamo sono precauzioni utili a salvaguardare i difficili compiti dei piedi che presiedono alla stazione eretta, alla deambulazione, alla corsa e alla corretta postura. Chi pratica abitualmente uno sport può facilmente andare incontro ad alterazioni cutanee ai piedi. Si tratta nella maggior parte dei casi di piccoli disturbi che possono essere facilmente evitati con una corretta igiene e con l’uso di calzature adeguate.
Piedi: disturbi da calzature sportive
Piedi: ma lo sportivo non dimentichi di asciugarli con molta cura
Questi i disturbi più comuni dovuti all’uso di calzature sportive
Le vesciche consistono in un accumulo di fluido sotto la porzione più superficiale della cute a causa della eccessiva frizione di scarpe nuove o che non si adattano bene al piede. Le zone del piede più colpite sono il calcagno, le sporgenze ossee alla base dell’alluce e sul margine esterno alla base del quinto dito. Il trattamento per le piccole vesciche può essere limitato all’applicazione della borsa del ghiaccio ed è importante ricordare di non rimuovere mai la cute in superficie se quella sottostante non si è completamente rigenerata. Per gli allenamenti o le emergenze sono in vendita in farmacia cerotti specifici che consentono l’utilizzo delle calzature.
Le unghie incarnite si presentano a causa della compressione dell’alluce o delle dita vicino sulla punta della scarpa. La cura prevede l’applicazione di creme disinfettanti e antibiotiche e ha volte la crioterapia. Sono da evitare le calzature con la punta troppo stretta e non bisogna tagliare l’angolo dell’unghia troppo corto.
Tra le infezioni in genere croniche dei piedi degli atleti, la più comune è la micosi detta piede d’atleta. Si presenta con arrossamento, macerazione e tagli. La sudorazione eccessiva favorisce questo genere d’infezione che deve essere curata con antibiotici e antimicotici specifici. Per le prime manifestazioni cutanee sono sufficienti le terapie locali, nel caso invece si tratti di una infezione più grande si assumono farmaci per bocca per brevi cicli. Un’ottima prevenzione consiste nell’asciugare bene i piedi perché l’umidità è il terreno ideale per la nascita delle micosi.
I calli sono ispessimenti della cute frequenti spesso alla base delle dita o al calcagno. Le cause sono la particolare conformazione morfologica di alcuni piedi, (piede piatto, cavo, alluce valgo, dita a martello) sommate alle continue sollecitazioni del piede durante la pratica sportiva. In alcuni casi possono formarsi dei tilomi duri o molli come il cosiddetto occhio di pernice presente di solito tra il 4 e 5 dito. L’utilizzo di pomate cheratolitiche e la crioterapia aiutano a risolvere il fastidio ma è bene consultare un medico.
Scarpe: ogni modello un dolore o un fastidio
Tra tacco, punta e pianta larga, la scarpa spesso inganna
Il 70% della popolazione soffre di disturbi podologici. La colpa è quasi sempre delle scarpe, al punto che si potrebbe dire che, ad ogni modello corrisponde un dolore o un fastidio ai piedi. Chiamata in causa è soprattutto l’eleganza femminile anche se oggi richiede sacrifici meno invasivi di quelli di una volta.
Nelle calzature si vedono ancora tacchi alti e punte strette ma c’è più libertà nella scelta e meno vincoli con le antiche tradizioni. Il problema del tacco alto con più di 4 centimetri è di facile intuizione: ad ogni centimetro in più di tacco il baricentro del corpo si sposta in avanti, il bacino ruota in antiversione e le strutture muscolari e scheletriche della colonna vertebrale sono costrette ad un assestamento innaturale per compensare lo squilibrio in avanti.
Il peso del corpo con le scarpe con il tacco viene scaricato sull’impalcatura della volta plantare e sulle ossa metatarsali e non si distribuisce in maniera uniforme sulla superficie di appoggio del piede. Le donne dovrebbero calzare questo tipo di scarpa soltanto in occasioni speciali e per poco tempo, non è consigliato utilizzare il tacco per stare a lavoro tutta la giornata.
Il piede svolge anche la funzione di pompa per il sangue dalla periferia verso il centro ma la compressione forzata sfavorisce questa importante azione e la situazione peggiora con le punte strette che compromettono la mobilità delle dita e rischiano di provocare artrosi. I problemi che insorgono più di frequente sono alluce valgo, dita a martello, callosità e accorciamento del tendine di Achille che tende progressivamente a ritirarsi a causa dell’atteggiamento viziato del piede.
Le scarpe da ginnastica sono invece calzature che traggono in inganno. I piedi stanno decisamente più comodi ma spesso risentono di una scarsa traspirazione; hanno un supporto rigido per la caviglia, la punta flessibile, e una soletta con tacco sopraelevato, nonché un cuscinetto antiurti del tallone e suola adatta al tipo di sport.
Per tutti i giorni meglio indossare calzature da passeggio che rispettano la fisiologia del piede, punta e pianta larga, scarpe morbide con le suole spesse ed un profilo sufficiente ad attutire l’impatto sulle superfici dure dei marciapiedi e delle strade.
Come difendersi da punture di insetti e meduse
Ci auguriamo che non capiti, ma in vacanza è facile essere punti da insetti o meduse. Se è vero che un modo per azzerare il rischio non esiste, almeno possiamo reagire in maniera efficace per far sparire il dolore. Paolo Maurizio Soave, esperto del Centro Antiveleni del Policlinico Irccs Agostino Gemelli di Roma ci spiega come.
Il primo mito da sfatare è quello delle “pipì d’emergenza“. Ammoniaca e urina non servono contro il veleno di meduse e le tracine, meglio immergere la parte colpita in acqua calda o sabbia calda, perché il veleno viene disattivato dal calore. Poi, pomate cortisoniche, ricordandosi che la pelle non va esposta al sole perché può macchiarsi. Nel caso della medusa, strofinare la parte con un pezzo di plastica rigida aiuta a portare via le vescicole dei tentacoli che rimangono attaccate.
Quanto ai ragni, in Italia non si corrono grandi rischi, api e vespe sono decisamente più frequenti. «Le punture di questi insetti – dice l’esperto – non sono di norma pericolose. Se presente, bisogna cercare di estrarre il pungiglione senza spezzarlo. Poi, impacchi di acqua fredda o ghiaccio contro il gonfiore e trattamenti locali a base di pomate cortisoniche e antistaminiche. Nei rarissimi casi di reazione allergica, che si manifesta con difficoltà respiratorie, contattare subito un medico per la somministrazione di adrenalina».
Tutto questo nel malaugurato caso che si venga punti ma, con un po’ di attenzione e un pizzico di buon senso, anche i più sfortunati dovrebbero riuscire ad evitare problemi.
Piede: arco piatto o valgo
Arco piatto o valgo, come prevenire?
Fin dall’infanzia è importante la diagnosi
Come prevenire il piede piatto e il piede cavo?
Il piede piatto è uno dei difetti strutturali più diffusi e consiste nell’appiattimento dell’arco plantare, per cui l’intera pianta del piede poggia sul terreno. Le conseguenze sono l’ipotonia dei muscoli anteriori della gamba, i dolori alla schiena, al calcagno, in corrispondenza dell’arco plantare appiattito e le gambe affaticate.
Il piattismo può essere facilmente curato nell’infanzia. Dai 3 ai 6 anni la natura deve essere stimolata a fare il suo corso, ma può trarre grande giovamento dalla ginnastica correttiva come nel caso del piede piatto lasso infantile.
Passata questa età è opportuno intervenire con plantari rigidi, semi-rigidi e conchiglie personalizzate che consentono di ripristinare l’equilibrio delle articolazioni e la corretta deambulazione.
Il piede valgo è caratterizzato da un aumento della volta plantare, è spesso concomitante con le dita del piede in griffe, e con una forte tensione della muscolatura dei flessori plantari.
È quasi impossibile diagnosticarlo prima dei quattro anni a causa dell’eccessivo pannicolo adiposo che ricopre la pianta del piede del bambino.
Per evitare il cavismo è fondamentale il ruolo svolto dalla prevenzione: il tacco delle calzature deve essere eliminato o ridotto e vanno aumentati gli stimoli propriocettivi nei piedi dei bambini per raggiungere uno sviluppo armonico dei muscoli responsabili della posizione eretta e della deambulazione.
Le deformità del piede: si possono evitare e riabilitare
I medici biomeccanici di tutto il Mondo a Congresso a Napoli
- Come mai si forma un alluce valgo e da cosa nasce un dito a griffe o a martello?
- Si possono prevenire?
- E se già ne soffro posso evitare un loro peggioramento nel tempo?
A queste domande deve rispondere spesso il Dr. Di Stasio, noto podologo biomeccanico napoletano, impegnato nei mesi scorsi, come organizzatore del Congresso Mondiale di Podologia in programma a Napoli.
Le deformità del piede si possono prevenire?
Le deformità delle dita nascono da un problema di appoggio: sono il risultato di un piede piatto o di un piede cavo non curato, e dei compensi posturali che il nostro corpo va a ricercare.
Se si studia la biomeccanica dell’appoggio podalico e si correggono i deficit della deambulazione possiamo prevenire le deformità delle dita del piede o evitare che peggiorino.
Di questo argomento e di tanti altri si è parlato al Congresso Mondiale di Biomeccanica di Napoli che si è svolto al Palazzo dei Congressi dal 27 al 29 aprile 2018: insomma Napoli l’ombelico del Mondo della Podologia. Le tecnologie ed i test diagnostici oggi disponibili ci permettono di capire i problemi di appoggio e di dare terapie efficaci e semplici da usare.
I plantari oggi sono usati dalle modelle e dagli atleti, sono correttivi e piccoli, sottili e confortevoli, a 3/4 e non danno fastidio e risolvono i problemi di appoggio senza dover cambiare le scarpe.
I plantari funzionali correggono l’appoggio biomeccanico ed evitano i compensi che generano deformità all’avampiede e l’usura delle cartilagini. Il 90% delle persone anziane ultra settantenni ne soffrono: diffusissimi i problemi al piede ed alle unghie ed alle grandi articolazioni della gamba (ginocchia, anca).
Da recenti dati epidemiologici si evidenzia che anche i più giovani manifestano spesso problemi ai piedi ed alle gambe: il trattamento precoce delle patologie del piede riesce ad evitare problemi sovra-segmentali fino alla colonna vertebrale ed a ridurre o ad evitare anche problemi di carattere venoso. Lo ha ben spiegato il Dott. Lanfranco Scaramuzzino, componente del Comitato Scientifico del Congresso Mondiale.
Una realtà nella medicina preventiva e riabilitativa.
Varici e gravidanza
La gravidanza rappresenta un periodo ad alto rischio per le pazienti affette da malattia varicosa. Le modificazioni ormonali (aumento degli estrogeni e del progesterone) e l’aumento del volume uterino determinano una stasi venosa già dai primi giorni della gravidanza.
Possono comparire nel corso della gravidanza dilatazioni venose diffuse, sia in corrispondenza dei principali tronchi venosi, che in localizzazioni atipiche.
Tutte queste vene tendono a scomparire o a ridursi significativamente dopo il parto.
In gravidanza aumenta il rischio di una tromboflebite e pertanto è necessario:
- consultare il flebologo già nel primo trimestre;
- effettuare un accurato studio della circolazione venosa;
- effettuare tutti gli esami della coagulazione;
- ripetere i controlli ad ogni trimestre.
È importante indossare calze elastiche e in caso d’insufficienza venosa, assumere farmaci secondo la prescrizione dello specialista.
È sempre indicata una dieta ricca di fibre, verdure e frutta, mentre deve essere ridotto l’apporto di zuccheri e grassi.
È necessario mantenere costantemente una normale attività fisica, se non vi sono particolari controindicazioni da parte dello specialista ostetrico.