PROFESSIONISTI all’avanguardia
Il telefono, come strumento utilizzato da tutti, può essere preso come esempio lampante della rivoluzione tecnologica. Dal suo ruolo esclusivo di “telefono”, vincolato da un cavo e con la composizione dei numeri prima mediante una rotella, poi mediante tasti, siamo passati al ruolo di “assistente personale” del quale non possiamo fare a meno, proprio per la molteplicità di usi a cui è oggi destinato.
Il telefono del 2000, lo smartphone (tradotto esetteralmente, telefono intelligente), può ben rappresentare sia il concetto di innovazione che di specializzazione. Innovazione in quanto in un piccolissimo spazio si concentra una tecnologia che ci consente di realizzare applicazioni un tempo impensabili, ora indispensabili, ma che necessitano sempre di un periodo di apprendimento; pur essendo “alla portata di tutti”, solo pochi riescono a trarne appieno tutte le innumerevoli potenzialità.
Traslando questi concetti al campo medico ed estetico osserviamo come, oggi, nello scegliere la tecnologia più adatta per una determinata patologia o inestetismo possiamo trovarci in difficoltà: siamo infatti continuamente inondati da informazioni su macchinari, attrezzature, prodotti cosmetici, che promettono tutti risultati straordinari. Indubbiamente sono stati fatti molti passi avanti rispetto a quando, per esempio, le vene varicose e i capillari venivano esclusivamente trattati con il bisturi o una siringa.
Oggi abbiamo a nostra disposizione una rosa di possibilità che ci consentono di ottenere risultati migliori con una ridotta invasività, minori rischi e una ripresa molto più rapida. Discorso analogo per quanto riguarda l’altro tema particolarmente caldo per le donne: cellulite, lipoedema, sovrappeso. È incredibile quante apparecchiature esistono per questi trattamenti e quante ce ne vengono proposte annualmente, c’è solo l’imbarazzo della scelta. All’inizio della mia attività, invece, il trattamento della cellulite o del lipoedema veniva eseguito esclusivamente con la mesoterapia, e la pressoterapia ha rappresentato già un grande avanzamento tecnologico! Ma spesso, di fronte a questa così ampia varietà di macchinari a disposizione, ci si dimentica dell’importanza fella specializzazione, termine che non viene preso molte volte nella giusta considerazione.
Possiamo riempire i nostri studi di tecnologia ma senza l’esperienza e la serietà professionale non avremo mai quei risultati che i nostri pazienti o i nostri clienti richiedono.
I nostri macchinari sono un po’ come il “telefono”: dobbiamo studiare tanto per trarne tutte le potenzialità e farli interagire al meglio con il paziente/cliente. Allora è fondamentale, in questo mare magnum di proposte, pensare prima di tutto ad aggiornarsi perché solo attraverso lo studio, l’esperienza lavorativa, il confronto con i colleghi, è possibile raggiungere l’obiettivo finale: la soddisfazione dei nostri clienti e contemporaneamente la nostra. Dopo oltre 40 anni di attività nel campo del benessere e della bellezza, provo ancora un profondo piacere nel vedere il prima e il dopo di un trattamento ben riuscito, ma ancora di più nel condividere la gioia del paziente. Purtroppo, nonostante il mio centro sia organizzato con tutto il meglio che la tecnologia rende disponibile, non sempre i risultati sono quelli che vorremmo… Ma dobbiamo fare i conti con il fatto che il nostro particolare lavoro ha una variabile poco prevedibile legata alla risposta individuale. L’esperienza ci viene incontro attraverso la consapevolezza che ci sono situazioni che inevitabilmente non possono essere trasformate ma solo migliorate, l’importante è sempre una chiara e “onesta” informazione resa alle persone che si affidano a noi. Abbiamo tutta la tecnologia più innovativa, abbiamo una grande esperienza, ma non facciamo miracoli!
La medicina estetica : trattamenti invasivi e non-invasivi
La medicina estetica è una branca della medicina che si occupa di migliorare la qualitá della vita di chi vive un disagio per un inestetismo. Le indicazioni che più spesso spingono a richiedere un trattamento medico-estetico sono rappresentate da rughe, cellulite, smagliature, culotte de cheval, adiposità localizzata e linfedemi soprattutto degli arti inferiori.
Le tecniche che vengono più spesso utilizzate possono essere divise in:
Invasive
Ossigeno-ozonoterapia
utilizzando una miscela formata per il 95-96% da ossigeno e la restante parte da ozono. L’ozono è un gas estremamente reattivo, in grado di agire grazie alla produzione di perossidi di ozono ed in grado a loro volta di indurre modifiche nelle principali macromolecole dell’organismo, stimolando una risposta antiossidante, anti-aging e lipolitica.
Carbossiterapia
tecnica simile all’ozonoterapia ma basata sull’utilizzo di anidride carbonica ed utilizzata soprattutto per migliorare l’elasticità cutanea, per stimolare la circolazione sanguigna e stimolare la lipolisi.
Non invasive
Elettroporazione
basata sull’utilizzo di un particolare dispositivo in grado di polarizzare la membrana cellulare, favorendo l’ingresso di sostanze (lipolitico, acido ialuronico, melatoina etc.) all’interno delle stesse.
Laser
classificati in base al potere ed alla lunghezza d’onda. In questo caso utilizzati sia per la rimozione di lesioni vascolari, di cicatrici atrofiche e cheloidi, sia per indurre una rimozione degli strati cutanei più superficiali che verranno sostituiti nel giro di poche settimane da strati nuovi.
Radiofrequenze
basate sull’utilizzo di dispositivi in grado di emettere una corrente elettromagnetica ad altre frequenze che sono in grado di trasmettersi ad epidermide e derma sotto forma di energia termica ed in grado a sua volta di denaturare il collagene, stimolare la proliferazione dei fibroblasti, ridurre l’accumulo di liquidi a livello interstiziale(edema) e di stimolare la lipolisi.
L’utilizzo di un tipo di trattamento non esclude l’altro e anzi molto spesso vengono associati così da sfruttarne gli effetti sinergici.Il trattamento più adeguato verrà dunque scelto caso per caso, permettendo la creazione di pacchetti personalizzati strettamente correlati alle necessità del soggetto.
Italia: l’1% dei cibi controllati risulta irregolare
Sappiamo sempre cosa ci portiamo in tavola?
A quanto pare no, e non possiamo fare molto per cambiare le cose, se non scegliere di rifornirci da commercianti di fiducia. A cominciare dal macellaio.
Risultati dei controlli degli alimenti e bevande per il 2017
La considerazione arriva dall’analisi dei dati relativi ai controlli degli alimenti e delle bevande per il 2017 pubblicati sul sito del Ministero della Salute. In sostanza, circa l’1% dei campioni ha qualche irregolarità e uno stabilimento su cinque tra quelli controllati è stato sanzionato. Sembrano percentuali insignificanti ma, quando si parla di milioni di prodotti, anche l’1 per cento non è roba da poco.
Nel corso del 2017 sono stati prelevati 47.804 campioni ufficiali di alimenti, bevande e materiali a contatto con alimenti, e su ciascun campione sono state effettuate in media 2,48 determinazioni analitiche per un totale complessivo di 118.550 analisi. Sono risultati irregolari circa lo 0,88% di queste. Numero un po’ più basso rispetto allo 0,94% dell’anno precedente.
Ma quali sono gli alimenti più a rischio?
Le non conformità si concentrano prevalentemente nelle carni e prodotti a base di carne – si legge – e nei prodotti lattiero caseari e sono principalmente di tipo microbiologico. Sul totale delle irregolarità microbiologiche la percentuale più alta si è registrata per il genere Escherichia coli (51,40%), incluso il gruppo degli Escherichia coli STEC, seguito dal genere Salmonella (38,2%) e da Listeria monocytogenes (20,41%). Batteri con i quali è decisamente meglio non avere a che fare.
Come possiamo difenderci?
Scegliendo bene i prodotti che portiamo in tavola e preferibilmente senza avventurarci in supermercati o “botteghe” sconosciute. Il “negozio di fiducia” è senza dubbio la scelta migliore.
Bambini: troppe ore sul tablet, danneggia il loro sviluppo
Piccolissimi e già “armati” di tablet o telefonino, con gli occhi fissi sulle immagini colorate di un cartone, o sul rullino delle foto. I baby nativi digitali usano questi dispositivi sempre più precocemente, un trend ora messo sotto accusa dai ricercatori canadesi.
Secondo gli autori di uno studio pubblicato su Jama Pediatrics, infatti, passare molto tempo fin da piccini davanti agli schermi può ritardare o danneggiare lo sviluppo di abilità come il linguaggio o la socievolezza. La ricerca ha esaminato circa 2.500 bimbi di 2 anni.
Le loro mamme sono state sottoposte – tra il 2011 e il 2016 – a un monitoraggio sull’utilizzo di questi dispositivi da parte dei bimbi, inoltre hanno compilato dei questionari sulle abilità e il grado di sviluppo dei figli quando questi ultimi avevano due, tre e cinque anni.
I ricercatori hanno incluso il tempo passato dai bimbi a guardare programmi tv, film o video, quello trascorso a giocare con i videogiochi e a usare dispositivi con uno schermo, smartphone inclusi. Così hanno scoperto che a 2 anni i bimbi totalizzavano circa 17 ore davanti a uno schermo ogni settimana (in alcuni casi anche 28, ovvero circa 4 ore al giorno). Totale che passava a 25 ore entro i tre anni, ma crollava a 11 ore a 5 anni, quando i bimbi iniziavano le elementari.
Il consiglio? Se i piccolini restano incollati agli schermi, possono perdere importanti opportunità per fare pratica e sviluppare le loro capacità, quindi tablet e cellulari solo per poco tempo e sempre sotto il controllo dei genitori.
Selfie wrist: fare troppi autoscatti causa dolori al polso
Se siete tra coloro che devono assolutamente immortalarsi in ogni dove e “postare” su Instagram fate attenzione. Scattarsi troppi selfie può lasciare con dolori importanti al polso e alle dita.
Cos’è la selfie wrist?
È chiamata “selfie wrist” (letteralmente polso da selfie) l’ultima condizione pericolosa identificata in ordine di tempo legata all’era digitale in cui ormai viviamo, che sembra in aumento negli Usa.
Si tratta di una forma di sindrome del tunnel carpale, che provoca una sensazione di intorpidimento e formicolio al polso e alle dita. A lanciare l’allarme, ripreso da alcuni media nel Regno Unito e negli Usa, è il dottor Levi Harrison, chirurgo ortopedico di San Francisco, che afferma che sono in aumento i pazienti con questa condizione. Sembrerebbe esserne stata colpita anche la regina dei selfie Usa, Kim Kardashian, a cui il medico qualche mese fa ha prescritto riposo (inteso come niente autoscatti).
Il dolore sperimentato deriva dall’iper-flettere il polso verso l’interno per catturare lo scatto perfetto o dal tenere il telefonino troppo a lungo senza muoversi. «Quello che succede è che il nervo si infiamma e diventa dolorante» spiega il dottor Harrison. È bene però tenere a mente che il fastidio può non essere causato esclusivamente dall’abitudine a scattare troppi selfie. Anche dormire con il polso flesso può provocarlo, così come il movimento ripetitivo legato al digitare messaggi.
Ci sono stati diversi incidenti negli ultimi anni in cui i medici hanno diagnosticato il “polso da selfie” secondo l’Irish Medical Journal, in un articolo del 2017, legati a chi saltava su un trampolino alla ricerca dello scatto ideale (una ragazza di 13 anni) camminava sulle rocce, o semplicemente non prestava attenzione e finiva col rompersi il polso, cadere o scontrarsi con oggetti o persone. Uno studio del 2018 ha scoperto addirittura che tra ottobre 2011 e novembre 2017 ci sono stati 259 decessi associati allo scatto di un selfie.
Disturbi del sonno: che cos’è la sindrome Sleep Texting?
Avete mai mandato un messaggio a qualcuno in piena notte, magari senza poi ricordare neanche di averlo fatto?
Gli adolescenti lo fanno spesso e questo fenomeno ha anche un nome clinico: si chiama «sleep texting».
Che cos’è lo Sleep Texting?
Si tratta per l’appunto, dell’invio di messaggi mentre si sta per prendere sonno o si è ancora addormentati. E ciò che si scrive è spesso privo di senso, addirittura imbarazzante.
A svelare questo incredibile fenomeno è una ricerca condotta su 372 ragazzi dalla Villanova University, pubblicata sulla rivista Journal of American College Health. «La maggior parte dei ragazzi non aveva memoria del fatto di aver inviato messaggi o del loro contenuto – dice Elizabeth B. Dowdell, autrice dello studio – il fatto di non ricordare non è sorprendente, poiché la ricerca sul sonno ha scoperto che le persone che si svegliano dopo aver dormito per più di qualche minuto non sono in grado di ricordare i minuti prima di addormentarsi».
Lo «sleep texting» secondo gli studiosi è collegato a un sonno interrotto e ha un’influenza sulla qualità del sonno che, se insufficiente e irregolare, oltre a minare il rendimento scolastico e universitario può portare a un significativo squilibrio emotivo, affaticamento e scarsa concentrazione.
I cellulari non sono l’unico tipo di tecnologia utilizzata dagli studenti. Secondo gli studiosi andrebbero valutati con attenzione anche laptop, tablet e e-reader. Quando è stata misurata la quantità di sonno durante la settimana rispetto al week end, gli studenti con quattro o più dispositivi tecnologici in camera da letto risultavano dormire significativamente meno di quelli con tre o meno.
Allergie alimentari gravi: come mangiare fuori senza rischi!
Chi soffre di allergie alimentari gravi, per poter mangiare al ristorante senza rischi deve mettere in atto, in media, 15 diverse strategie: dal parlarne subito con il cameriere ad ordinare separatamente rispetto agli altri. Strano ma vero, e a censirle è una ricerca presentata al meeting annuale della American College of Allergy, Asthma and Immunology (ACAAI).
I ricercatori della Cleveland Clinic hanno intervistato i membri di un gruppo sulle allergie alimentari, riguardo le strategie usate al ristorante. «Le persone che usano in media 15 strategie tendono ad evitare di avere reazioni allergiche gravi – spiega Justine Ade, uno degli autori. Quelli che invece le hanno avute in media ne usavano solo sei, che hanno aumentato a 15 dopo aver avuto la reazione allergica grave».
Dal sondaggio dei ricercatori la strategia più usata è risultata essere “parlare con il cameriere appena arrivati”, cosa che fa l’80% degli intervistati; seguita da “ordinare cibi con ingredienti semplici, fare un doppio check del cibo prima di mangiare, evitare ristoranti ad alto rischio di contaminazione e visionare gli ingredienti sul sito web del ristorante“.
Tra i meno usati invece c’è “evitare le ore di maggior affluenza del locale” e “ordinare separatamente i cibi che possono causare allergia“. Fra le altre strategie segnalate ci sono “parlare con lo chef“, “pulire sedie e tavolo” e anche “portare da casa delle integrazioni al pasto“.
Certo, messa così, una cena fuori ha più che altro il sapore di un incubo.
La proteina Pmca: il “navigatore” degli spermatozoi
Desiderate una gravidanza che non arriva?
Ancora una volta l’alimentazione si è dimostrata più importante di quanto si potesse credere. La questione è un po’ complessa e non si può risolvere con un cambio di dieta, tuttavia la scoperta apre le porte a possibili nuovi farmaci che in futuro potrebbero essere risolutivi in molti casi.
Andiamo con ordine. A guidare e aiutare gli spermatozoi a “trovare la strada” per raggiungere l’ovocita da fecondare è una proteina che si trova nella loro membrana cellulare. A svelare il mistero sono stati i ricercatori dell’università di Tokyo, guidati da Manabu Yoshida, studiando le ascidie, animali marini con il corpo a forma di sacco, che si muovono in modo simile alle larve.
Le cellule degli spermatozoi, i batteri e altri microrganismi indirizzano i loro movimenti a seconda della presenza di alcune sostanze chimiche presenti nel loro ambiente. Gli ovociti rilasciano una sostanza chimica che attrae gli spermatozoi.
«Abbiamo visto che la proteina Pmca per il trasporto di calcio ha un ruolo chiave nel movimento degli spermatozoi – spiega Yoshida – Si trova in gran quantità sulla coda delle membrane degli spermatozoi di questi animali, e si lega a delle sostanze specifiche attraenti, che modificano il modo in cui si muovono, dirigendo il movimento dello spermatozoo».
Ora che si sa «che questa proteina ha un ruolo importante nelle funzioni cellulari – conclude – può essere usata come un bersaglio per lo sviluppo di nuovi farmaci».
Colesterolo: aumenta del 20% dopo le festività natalizie
Finite le feste restano i sensi di colpa e, soprattutto, i chili in eccesso. Già, le grandi abbuffate tipiche delle festività natalizie e del Capodanno, il più delle volte hanno il grande svantaggio di far aumentare il girovita. Ciò a cui si pensa meno, a torto, è che ad aumentare è anche il colesterolo. Subito dopo la pausa natalizia, infatti, i suoi livelli sono superiori del 20% rispetto all’estate.
E il rischio di avere il colesterolo alto è sei volte maggiore dopo la pausa natalizia. Secondo l’analisi condotta dall’Università di Copenaghen, pubblicata sulla rivista scientifica Atherosclerosis, che ha coinvolto circa 25mila danesi, dopo le feste il colesterolo si innalza di un quinto per nove persone su dieci.
«Il nostro studio mostra che i livelli di colesterolo sono influenzati dal cibo grasso che consumiamo quando festeggiamo il Natale. Il fatto che così tante persone abbiano valori alti di colesterolo subito dopo le vacanze di Natale è molto sorprendente», dice Anne Langsted, una delle ricercatrici che ha condotto lo studio.
Secondo gli analisti, davanti a valori del genere dopo le feste si dovrebbe prendere in considerazione un’altra valutazione successiva, da fare con il trascorrere nell’arco dell’anno.
E voi, ne siete usciti “indenni”?
Medicina rigenerativa: scoperto in Calabria il “Nanobioma”
Si chiama “nanobioma” e potrebbe rappresentare un passo avanti nella medicina rigenerativa, attraverso un uso più mirato delle cellule staminali.
Uno studio realizzato dal team di Tecnologica Research Institute, centro di ricerca del Gruppo Marrelli e pubblicato sulla rivista medico scientifica Journal of Clinical Medicine sviluppa il concetto Di Nanobiome (acronimodi Nanometric Bio-banked Msc-derived Exosome), un termine coniato dallo stesso centro di ricerche calabrese.
«Le cellule staminali, unitamente ai nuovi biomateriali – spiega Marco Tatullo – oggigiorno possono riparare una frattura ossea più velocemente, oppure possono risanare alcuni organi come il fegato, e più recentemente, sono state impiegate per rallentare i processi neurodegenerativi cronici come il Parkinson.
Tuttavia, solo una parte della cellula ha le capacità di agire in tal senso: con il nanobioma si prova a prendere il buono delle cellule staminali, per usarlo nelle future terapie su paziente».
L’obiettivo che deve perseguire una buona sanità è quello di creare le migliori condizioni per ottenere terapie di eccellenza con il minor costo biologico per il paziente: oggi si lavora per il futuro, per i pazienti di domani e le premesse non sono niente male.