Depressione in tarda età: un aiuto dal cerotto alla nicotina
Se la depressione arriva in tarda età, dopo i 60 anni, allora è molto probabile che sia resistente alle cure farmacologiche e legata anche a problemi di memoria.
Il cerotto alla nicotina potrebbe contrastare la depressione
Ora però il cerotto con la nicotina potrebbe cambiare le cose. Già, proprio come per il fumo, la nicotina potrebbe essere d’aiuto. Il cerotto in questione ha mostrato risultati promettenti. Lo rileva una ricerca pilota del Vanderbilt University Medical Center pubblicata sul Journal of Clinical Psychiatry.
Lo studio, di 12 settimane, è stato condotto tra novembre 2015 e agosto 2017 e ha esaminato 15 persone, di 60 anni e più, affette da un disturbo depressivo. «Lo studio è stato progettato per vedere se c’è un segnale per incoraggiarci ad andare avanti in una ricerca più ampia e più definitiva», spiega Warren Taylor, autore principale.
«Non vogliamo esporre le persone a qualcosa che non ha alcun beneficio, a meno che non abbiamo dati preliminari per suggerire che questo approccio potrebbe essere efficace». Fortunatamente i risultati incoraggianti non si sono fatti attendere, lo studio ha misurato la remissione dal disturbo raggiunta dal 50% dei partecipanti mentre complessivamente oltre l’80% ha avuto una buona risposta clinica.
Nei primi 2,5 anni di vita il futuro dei batteri intestinali
Nei primi due anni e mezzo di vita di un bimbo si determina la composizione dei suoi batteri intestinali, mentre i cambiamenti che avverranno dopo questo punto in poi sono piuttosto limitati. Uno dei più grandi studi clinici sui microbiomi nei bambini mai realizzato, pubblicato sulla rivista Nature, ci apre gli occhi sull’importanza della nutrizione nei primi giorni di vita.
Fondamentale al punto da esser definito il secondo cervello, il microbioma intestinale l’insieme dei miliardi di batteri che popolano l’intestino e che svolge un ruolo in tantissime funzioni dell’organismo, non solo quella digestiva. Per analizzarlo a fondo, i ricercatori dell’Università di Newcastle, nel Regno Unito, hanno utilizzato il sequenziamento genetico per analizzare 12.500 campioni di feci raccolti mensilmente da 903 bambini di età compresa tra 3 e 46 mesi. La composizione e la diversità del microbioma sono cambiate nel tempo in tre fasi distinte: il primo sviluppo (3-14 mesi), la transizione (15-30 mesi) e la stabilizzazione (dai 31 mesi in poi).
I maggiori cambiamenti sono stati identificati nelle prime due fasi, mentre dai due anni e mezzo in poi, la variazioni nel micro bioma risultavano molto piccole. La presenza del Bifidobacterium, notoriamente benefico, era abbondante nei bimbi allattati con latte materno e si è ridotto rapidamente dopo l’interruzione dell’allattamento.
Una volta svezzati, i bambini presentavano un cambio nella comunità batterica molto più rapido dell’atteso: il Bifidobacterium viene sostituito da batteri Firmicutes. «È probabile – spiegano i ricercatori – che questo rapido ricambio sia in risposta alle nuove fonti alimentari. Sorprendentemente, da questo punto in poi, il microbioma progredisce rapidamente verso la stabilità, con una composizione che potrebbe rimanere tale per il resto della vita di quell’individuo».
Intervista al Dott. Lanfranco Scaramuzzino Arteriopatie
Intervista al Dott. Lanfranco Scaramuzzino, Chirurgo Vascolare di Napoli sulle arteriopatie. L’intervento si è svolto nell’ambito dell’inserto “Pillole di Salute” del canale Mattina 9 il giorno 12/12/2018.
L’esame del sangue può dirci se rischiamo l’infarto
Un semplice esame del sangue può dirci se rischiamo di avere un infarto. A metterlo a punto l’equipe guidata da Peter Meikle, capo del laboratorio di metabolomica del Baker Heart and Diabetes Institute di Melbourne che conta di condurre sperimentazioni cliniche entro due o tre anni.
I livelli dei lipidi, spiegano i ricercatori, sono differenti nelle persone che hanno subito un attacco cardiaco e offrono al medico una migliore idea delle probabilità di averne un altro. Il team ha quindi identificato i biomarker dei lipidi del plasma e ha sviluppato il test dopo aver esaminato 10 mila campioni, individuando quelli che determinano se una persona è a rischio di avere un secondo infarto.
Lo studio, pubblicato sulla rivista JCI Insight, mostra una diagnosi del 19% migliore rispetto ai test correnti nell’individuare tale rischio. Il prossimo passo sarà di sviluppare un test che predica attacchi di cuore nelle persone sane. I test di biomarker sono un’importante nuova area della medicina e promettono di cambiare radicalmente il nostro modo di ottenere una diagnosi.
Adolescenti superconnessi, ma scollegati dal mondo reale
«I superconnessi», è così che Domenico Barrilà definisce i giovani di oggi nel suo nuovo libro che analizza la solitudine degli adolescenti che si perdono nel mondo virtuale.
Per essere precisi il titolo del libro è «I superconnessi, come la tecnologia influenza le menti dei nostri ragazzi e il nostro rapporto con loro» (Ed URRA Feltrinelli). La sorpresa è che la riflessione di Barillà riguarda molto i genitori, che pur lamentando l’uso eccessivo di smartphone e web dei propri figli, mostrano di non avere controllo sul loro rapporto con i dispositivi digitali.
«I ragazzi imparano dai nostri comportamenti – spiega – non dalle parole, è impossibile portarli dove noi stessi non sappiamo arrivare. Dunque un genitore che utilizzi in modo immaturo gli strumenti digitali perde autorevolezza e lede le sue chance di correggere i figli. I giovani nell’ansia di voler essere costantemente connessi, trasferiscono il bisogno di “legami”.
Quindi più che mettere sotto accusa le nuove tecnologie, dovremmo preoccuparci di munire i figli di solidi sentimenti comunitari». La Rete è un caso particolare di vita sociale, che rivela perfettamente, magari esasperandoli, gli orientamenti profondi dei ragazzi. Dice chi siamo veramente. Sui social i ragazzi veicolano l’immagine che si sono fatti di sé, drammatizzano, come in una recita, ciò che credono di essere.
E voi, qual è il vostro rapporto con queste tecnologie?
Il fumo e l’obesità aumentano il rischio di mal di schiena
Andare a lavoro a piedi o bicicletta può aiutare a prevenire il mal di schiena della zona lombare. Il fumo e l’obesità, invece, sono devastanti. A dimostrare l’importanza degli stili di vita nei confronti di uno dei dolori più diffusi nella popolazione è uno studio pubblicato sulla rivista Arthritis Care & Research.
I ricercatori dell’Istituto finlandese per la salute sul lavoro hanno utilizzato i dati l’Indagine sulla salute 2000 relativa a 7.977 adulti di età pari o superiore a 30 anni e che ne raccolto informazioni su salute, lavoro e stile di vita tramite questionari, interviste domiciliari ed esami clinici.
Dopo 11 anni hanno confrontato il follow up di 3.505 dei partecipanti iniziali tramite i risultati dell’Indagine sulla salute 2011, ponendo nello specifico domande riguardanti il dolore lombare. Ne è emerso che episodi di lombalgia per più di 30 giorni negli ultimi 12 mesi erano più importanti nelle donne che negli uomini. L’obesità addominale, il fumo di sigaretta e il lavoro fisico faticoso aumentavano il rischio di soffrirne, mentre camminare o andare a lavoro in bicicletta erano associate a una minore probabilità di essere colpiti.