Lo sport riduce l’infarto cardiaco anche tra lo smog cittadino
Fare sport fa bene alla salute, anche quando lo si pratica in città inquinate o nel bel mezzo del traffico. Gli effetti benefici dell’esercizio fisico, infatti, superano e hanno un maggior peso sulla salute degli effetti nocivi prodotti dall’inquinamento atmosferico. Anche se c’è molto smog poco importa: fare sport riduce comunque il rischio di infarto. Basta fare i pendolari attivi, lasciando a casa l’auto e iniziando a camminare, per stare un po’ più in salute.
È quanto emerge dalla ricerca europea (che vede la firma di istituti di ricerca spagnoli, tedeschi e danesi) pubblicata sul Journal of American Heart Association. La ricerca fa notare come anche nelle aree con livelli medio-alti di inquinamento del traffico un’attività fisica regolare riesca a ridurre il rischio di infarto cardiaco. «Il nostro studio mostra che l’attività fisica anche durante l’esposizione all’inquinamento atmosferico in città con livelli simili a quelli di Copenaghen, può ridurre il rischio di infarto. Anche un livello moderato di attività fisica regolare, come quella legata al pendolarismo attivo, è sufficientemente intensa per ottenere questi benefici per la salute», ha detto Nadine Kubesch, dell’Università di Copenaghen e autrice principale dello studio.
Sono stati valutati diversi livelli di attività fisica all’aperto (sport, ciclismo, passeggiate e attività di giardinaggio) e l’esposizione al biossido di azoto (un inquinante generato dal traffico) in 51.868 adulti di età compresa tra 50 e 65 anni.
Andare moderatamente in bicicletta ha portato a una diminuzione del rischio di un infarto ricorrente (cioè di un nuovo attacco cardiaco) del 31%. C’è stata una riduzione del 58% del rischi di infarto, invece, quando si riuscivano a fare tutti e quattro i tipi di attività fisica analizzata (complessivamente per un totale di quattro ore alla settimana o più), indipendentemente dalla qualità dell’aria.
USA: aumento costo insulina mette a rischio i malati più poveri
Avere il diabete e non potersi permettere le cure, in Italia il problema (al momento) non si pone ma negli Stati Uniti la situazione è diversa.
Alla base del problema il raddoppio dei costi dell’insulina dal 2012 sta portando un americano diabetico su 4 ad auto-razionarsi il farmaco. In alcuni casi rischiando crisi gravi se non la morte. A denunciare uno di questi tragici casi – di fronte ad una audizione del gruppo democratico del Senato sull’aumento dei prezzi dei farmaci – è stata Nicole Smith Holc, madre di Alec che purtroppo è morto solo pochi mesi fa di chetoacidosi: ossia dell’effetto devastante del diabete per mancanza di insulina.
Appena 26enne, appena perso il diritto ad avere l’assicurazione sanitaria della madre per limiti d’età, il giovane non ce l’avrebbe fatta a sostenere il costo di tutte le fiale di insulina di cui il suo organismo aveva bisogno.
Alec è stato trovato morto sul pavimento di casa, tre giorni prima di quando avrebbe preso lo stipendio, con la fiale dell’insulina vuota. L‘assicurazione sanitaria che aveva potuto permettersi con il magro stipendio di impiegato in un ristorante copriva solo parzialmente il costo della sua insulina. In media una fiala costa almeno 250 dollari negli USA, e se non si ha l’assicurazione sanitaria anche molto di più: i malati ne hanno bisogno 2 o 4 fiale il mese. Per Alec il costo era 1.300 dollari al mese, un costo enorme per un dipendente con uno stipendio medio. Storie così fanno riflettere sul nostro sistema sanitario, un sistema che forse dovremmo difendere con maggior forza.
Voi che ne pensate?
Mangiare sano e fare sport può prevenire il diabete
Il diabete è ormai un problema sociale: colpisce circa 5milioni di persone in Italia tra casi diagnosticati e non.
Cosa si può fare per prevenire il diabete?
L’alimentazione e l’attività fisica. Può sembrare la solita raccomandazione, del tipo «fate sport e mangiate sano» ma c’è molto di più. Grazie ad uno studio che ha coinvolto 17mila persone, pubblicato su Diabetes Care i ricercatori della Emory University, negli Stati Uniti, hanno esaminato 63 studi precedenti pubblicati tra il 1990 e il 2015 e hanno verificato che coloro che avevano eseguito un intervento di modificazione dello stile di vita, in particolare dieta e attività fisica, avevano un rischio inferiore al 29% di sviluppare diabete rispetto a quelli che non lo avevano fatto.
Cosa non meno importante, in media, tutti questi pazienti avevano perso circa 1,5 kg. La meta-analisi ha esaminato anche il ruolo svolto dalla perdita di peso nel ridurre il rischio di diabete, scoprendo che a ogni chilo perso era associato il 43% di probabilità in meno di svilupparlo.
L’errore più grande è pensare di stravolgere la propria vita da un giorno all’altro, questa è la strada più probabile per il fallimento.
Sport e sana alimentazione vanno inseriti un po’ alla volta e non si deve mai essere drastici nelle scelte. Optare per sani stili di vita è l’investimento migliore che ciascuno di noi possa fare, perché la salute è l’unico bene che non possiamo comprare solo con il denaro.
Mattina 9: intervista al Dott. Lanfranco Scaramuzzino
Intervista al Dott. Lanfranco Scaramuzzino, Chirurgo Vascolare di Napoli sulla bellezza e benessere delle gambe. L’intervento si è svolto nell’ambito dell’inserto “Pillole di Salute” del canale Mattina 9 il giorno 17/10/2018.
I litigi coniugali sono dannosi per la salute dell’intestino
Si sa che in amore tutto è permesso… o quasi.
Litigi e tensioni, infatti, sono da evitare perché possono seriamente danneggiare la salute dell’intestino, rendendolo “permeabile”, ovvero facendogli perdere il suo effetto barriera.
E’ quanto rivelano i risultati di una ricerca, prima nel suo genere, pubblicata sulla rivista Psychoneuroendocrinology. La membrana che riveste l’interno del nostro intestino forma una barriera che, in alcuni casi, può indebolirsi e presentare “crepe”, consentendo ai batteri e ai rifiuti alimentari di entrare nel sangue e ai nuovi agenti patogeni di arrivare all’intestino.
Questo problema ha un nome: «sindrome della permeabilità intestinale» e può, a sua volta, causare problemi gastrointestinali, infiammazioni e cambiamenti della flora batterica collegati a una serie di condizioni, come obesità, cancro, depressione e ansia.
Per indagare su una delle possibili cause di questa perdita di tenuta stagna, i ricercatori dell’Ohio State University Wexner Medical Center hanno esaminato 43 coppie sposate, tutte sane e sposate da almeno 3 anni. Una volta stabilito che i figli il denaro e i suoceri erano gli argomenti più delicati, i ricercatori hanno lasciato gli sposi discutere 20 minuti su questi temi, filmandone le interazioni, con particolare attenzione ai gesti e alle parole. Campioni di sangue dei partecipanti sono stati testati prima e dopo le discussioni per ricercare un marker della sindrome dell’intestino permissivo chiamato LPS-binding protein (LBP).
Il risultato?
Le persone che avevano relazioni coniugali più ostili avevano anche livelli di LBP più elevati. Janice Kiecolt-Glaser, direttore dell’Istituto per la medicina comportamentale, spiega il perché: «Lo stress coniugale è uno stress particolarmente potente, perché il tuo partner dovrebbe essere il tuo sostegno principale, mentre in un matrimonio travagliato diventa la tua principale fonte di stress».
E voi, come gestite i vostri rapporti di coppia?
Piedi, geloni e cure naturali
Geloni: per proteggersi pomata d’ippocastano e pediluvio con decotto di foglie di noce
Per tentare di prevenire i geloni, nelle stagioni a rischio si può assumere Aesculus Hyppocastanum (gemmo-terapico, 30 gocce 3 volte al giorno) e integrare l’alimentazione con vitamine A, C, D, E.
Particolarmente indicata anche la vitamina PP, perché esplica una buona azione vasodilatatrice. «Quando il problema è già insorto, si massaggiano le parti colpite, più volte al giorno, con una pomata di Agaricus muscarius o di Calendula se il gelone è recente.
Utili i pediluvi con decotti di foglie di noce in due litri di acqua calda, consiglia Wilmer Zanghirati, dell’Istituto Superiore di Medicina Olistica ed Ecologia dell’ateneo di Urbino. Per la cura Nitricum acidum è indicato nel congelamento lieve, con dolore. Pulsatilla con prurito e dolore alle estremità inferiori.
Riflessologia plantare
Il massaggio plantare è nato millenni fa. Abbiamo alcuni disegni murali in una tomba Egizia del 2330 a.C. Alcune testimonianze scritte ci trasmettono l’uso di questa pratica nell’estremo Oriente e in Cina, ma possiamo dire che la pratica è nata nel bacino del Mediterraneo.
Che cos’è la riflessologia plantare?
È un massaggio zonale ai piedi che ha la funzione di riequilibrare da un punto di vista energetico il nostro organismo, prevenire e curare molte malattie. È una terapia olistica e in quanto tale, considera l’individuo nel suo insieme corpo-mente-spirito.
Attraverso questo massaggio sciogliamo e rimuoviamo blocchi energetici che ostacolano il libero fluire dell’energia nel nostro corpo. Massaggiando il piede secondo il sistema riflessologico, stimoliamo le terminazioni nervose collegate ai vari organi e quindi massaggiamo l’organo o quel punto del corpo in via riflessa. Si ristabilisce inoltre, quella fluidità circolatoria ed energetica alterata, migliorando il ritorno venoso.
Possiamo quindi, non solo ristabilire armonia e funzionalità ai nostri organi, ma anche prevenire lo sviluppo di problemi venosi e migliorare la funzionalità del sistema venoso.
La terapia anticoagulante
Nel caso di una trombosi venosa profonda o di una tromboflebite superficiale, la terapia anticoagulante deve essere attentamente controllata con esami della coagulazione; il controllo deve essere effettuato necessariamente dallo specialista o dal medico di famiglia, ma può essere utile sapere che: in caso di terapia eparinica la coagulazione viene controllata eseguendo un test sul sangue, che si chiama Ptt; è necessario inoltre, eseguire periodicamente un controllo delle piastrine.
In caso di terapia con anticoagulanti orali, il controllo viene eseguito con un esame del sangue che si chiama Pt, ma attualmente si preferisce utilizzare un indice standard che si chiama INR. L’INR normalmente è inferiore a 1, ma in caso di terapia con anticoagulanti si deve portare tra 2 e 3. Valori al di sopra del 4 (o al di sotto del 20% di Pt) possono essere responsabili di emorragia.
Durante la terapia anticoagulante, che può protrarsi anche per mesi o anni, è necessario rispettare una dieta costante, per evitare improvvise modificazioni del tempo di coagulazione.
Anche l’assunzione di eventuali nuovi farmaci deve essere sempre sottoposta al controllo dello specialista.
Gambe in gamba? Attenzioni e cure per delle gambe da urlo!
Citate nella Bibbia e descritte dai medici dell’antica Roma, le vene varicose e i capillari degli arti inferiori sono un disturbo comunissimo anche ai nostri giorni.
Le vene varicose: non sono solo un inestetismo delle gambe
Intorno ai cinquant’anni di età, una persona su due patisce di vene varicose e nelle donne la comparsa di varici e capillari è spesso più precoce che negli uomini. Le vene varicose purtroppo, oltre a compromettere la bellezza delle gambe, rappresentano anche un pericolo da non trascurare, a causa delle possibili complicanze, che vanno dalla flebite alla trombosi o, addirittura, all’embolia polmonare.
La minigonna: una liberazione per le gambe, o forse no!
Quando nel lontano 1964, la stilista Mary Quant lanciò la moda della minigonna, furono tante le giovani donne dai polpacci affusolati e dalle cosce snelle che esultarono alla novità, ma probabilmente furono ancora di più le donne costrette a rimpiangere gli orli delle gonne a filo caviglia: alcune perché poco favorite dalla natura, altre perché afflitte da quegli antiestetici ghirigori tortuosi e bluastri sulle gambe causati proprio dalle vene varicose e dai capillari.
Vene varicose: un problema “idraulico”
Un problema, come dicevo, a prevalenza femminile che purtroppo non si limita a compromettere l’aspetto estetico delle gambe, ma può provocare anche serie complicanze. Il disturbo deriva da una difficoltà per così dire “idraulica”: il sangue contenuto nelle vene profonde delle gambe deve ritornare al cuore salendo verso l’alto, in contrasto con la forza di gravità.
Normalmente questo avviene grazie a due accorgimenti predisposti dalla natura stessa. Il primo accorgimento consiste nell’azione di pompaggio attuata dalla contrazione dei muscoli delle gambe e in particolare da quelli del polpaccio; mentre il secondo accorgimento è rappresentato da una serie di valvole, poste all’interno delle vene, che si richiudono man mano che il sangue risale, impedendone il reflusso verso il basso.
Se queste valvole si indeboliscono, il sangue tende a ristagnare nella parte inferiore del corpo e le vene si dilatano. Le vene superficiali proprio a causa della dilatazione, diventano visibili sotto pelle assumendo la forma di cordoni bluastri con un andamento tortuoso, mentre la parte liquida del sangue trasuda nei tessuti provocando un edema, causando uno spiacevole gonfiore delle gambe e dei piedi. La continua pressione esercitata dal sangue, sfianca le pareti stesse delle vene, determinando una condizione d’Insufficienza Venosa Cronica.
Un disturbo circolatorio: Insufficienza Venosa Cronica
Nelle fasi iniziali del processo IVC (Insufficienza Venosa Cronica) si avvertono sintomi fastidiosi come un senso di pesantezza alle gambe (soprattutto se si sta molto in piedi), uno sgradevole gonfiore alle caviglie, prurito, crampi e formicolii e ancora, rilassamento dei muscoli, pelle secca e lucida.
Se non si interviene subito, cercando l’aiuto di uno specialista in flebologia, la situazione si può aggravare e i tessuti possono essere seriamente danneggiati dal disturbo circolatorio: in tal caso si evidenzia intorno alle caviglie un eczema di colore rosso – brunastro, il prurito diventa intenso e si formano delle ulcere della cute che stentano a guarire e che si possono facilmente infettare. Ma la situazione può ancora peggiorare: a volte, infatti, nella vena varicosa si verifica un’infiammazione che prende il nome di flebite. Le flebiti delle vene superficiali provocano gonfiore, arrossamento e calore nella zona circostante, accompagnate da un dolore che può anche essere molto intenso.
Se l’infiammazione invece, attacca una vena profonda allora possono essere guai molto seri, perché in questo caso potrebbero formarsi coaguli di sangue (i cosiddetti trombi) che tendono a occludere il vaso sanguigno: è lo stadio della tromboflebite. Talvolta qualche frammento di un trombo si stacca ed entra nella circolazione generale. Se sfortunatamente il frammento penetra nel circolo polmonare (o piccola circolazione) si potrebbe verificare quella che è la più grave complicanza delle varici, l’embolia polmonare che potrebbe avere conseguenze perfino mortali.
I fattori che predispongono alle varici sono molti:
- l’obesità;
- la gravidanza;
- la menopausa;
- lavori che costringono a stare tutto il giorno in piedi o a sollevare pesi;
- la stitichezza cronica;
- le abitudini di vita sedentarie;
- l’immobilità a letto per lunghi periodi;
- la prolungata posizione seduta con le gambe accavallate;
- le calzature inadatte (strette, con tacco troppo basso o alto);
- gli indumenti troppo stretti;
- il surriscaldamento delle gambe dovuto a prolungate esposizioni solari;
- le cerette a caldo che possono mettere a rischio il buon funzionamento delle vene.
In aggiunta a quanto già detto, anche l’ereditarietà ha un peso significativo.
- camminare per almeno 30 minuti al dì, per mantenere in funzione la “pompa” muscolare del polpaccio;
- sollevare le gambe per qualche minuto diverse volte al giorno;
- dormire con le gambe 10-15 cm più alte del cuore;
- evitare di stare a lungo fermi nella stessa posizione;
- praticare delle docce fredde di 15 secondi per gamba, un paio di volte al giorno, ma particolarmente d’estate, iniziando dai piedi e risalendo verso il polpaccio e la coscia;
- eliminare il sovrappeso;
- seguire un’alimentazione ricca di pesce, frutta e verdura fresca e povera di grassi, alcol e fritti;
- consumare mirtilli freschi è di notevole aiuto e sono consigliati anche gli agrumi, le ciliegie e le bietole crude.
- Le calze elastiche sono un valido ed efficace presidio terapeutico, a condizione che siano scelte e usate correttamente.
- La terapia farmacologica si avvale di sostanze protettive dei capillari (i flavonoidi) e di farmaci antinfiammatori e/o anticoagulanti, da assumere per uno o più cicli di cura.
- L’intervento chirurgico tradizionale consiste nello “stripping” (lo sfilamento) della grande safena, mediante una incisione a livello dell’inguine e una all’altezza della caviglia o, come si preferisce oggi, del ginocchio (il cosiddetto “stripping corto”).
- L’ablazione con radiofrequenza è un intervento chirurgico che, grazie all’energia a radiofrequenza, consente di riscaldare la parete delle vene varicose coinvolte nell’insufficienza venosa cronica. Mediante un piccolo taglio eseguito, generalmente, sopra il ginocchio si accede alla vena e con l’ausilio dell’ecografia, è possibile inserire un catetere nel vaso sanguigno coinvolto nella patologia. Dal catetere viene trasmessa energia a radiofrequenza che sottopone la vena al riscaldamento, che va a ledere le sue pareti chiudendola e bloccandola. A questo punto il sangue sarà naturalmente reindirizzato ad un circolo collaterale, scorrendo in una delle vene sane.
- Anche la laser terapia si avvale dell’ausilio di una guida ecografica e l’inserimento di un catetere in vena. Stavolta però è un raggio laser fatto passare attraverso il catetere, che rilascia l’energia necessaria per riscaldare la parete della vena varicosa responsabile dell’insufficienza venosa cronica fino ad occluderla. Di seguito e in maniera del tutto naturale, il sangue sarà reindirizzato a una delle vene sane attraverso un circolo collaterale.
Nei casi di varicosità iniziali, come alternativa allo “stripping“, è possibile intervenire con la “valvuloplastica safeno – femorale“, che consiste in un bendaggio di rinforzo della safena all’altezza dell’inguine.
Sempre nei casi di varicosità iniziali, un intervento terapeutico abbastanza diffuso sono le iniezioni sclerosanti, che causano la chiusura di interi tratti di vena superficiale compromessi, per escluderli dalla circolazione.
Se è vero che l’ablazione con la radiofrequenza e la laser terapia possono creare piccoli ma reversibili fastidiosi effetti collaterali quali ematomi, ustioni cutanee, formicolii alle gambe e lievi lesioni dei nervi, è pur vero che entrambi gli interventi producono risultati eccezionali nel trattamento dell’insufficienza venosa.
Per finire mi piace ricordare che: il tempo dedicato alla prevenzione non è mai “perso” ma solo ed esclusivamente “guadagnato”.