Salute. Napoli si mobilita: 21 gennaio sia la giornata nazionale del Linfedema
Parte da Napoli la richiesta, “a gran voce”, affinché il 21 gennaio diventi la giornata nazionale sul linfedema.
E’ quanto emerso oggi durante la 1° giornata regionale di sensibilizzazione svoltasi al Policlinico dell’Università Federico II, organizzata da SOS Linfedema Onlus, associazione nazionale per i pazienti di linfedema e patologie correlate e ITA.L.F., articolazione italiana di International Lymphoedema Framework, la più importante associazione di linfologia.
“Con l’inserimento del linfedema nei LEA – ha spiegato la dott.ssa Angela Piantadosi, componente comitato scientifico SOS Linfedema Onlus – si potranno aprire nuovi percorsi per riconoscere diritti ai pazienti che spesso sono trattati in modo non adeguato. Adesso ci auguriamo che anche la Regione Campania possa fare la propria parte dal punto di vista assistenziale”.
“A livello locale non e’ facile trovare un centro che si occupi di questa patologia che ufficialmente conta 40mila casi annuali, ma che in realtà e’ sottostimato perché i casi sono 200mila all’anno. Si potrebbero prevenire i danni ma i problemi sono numerosi dal momento che i pazienti, soprattutto quelli del periodo post-oncologico, non sono ben indirizzati”, ha sottolineato il prof. Lanfranco Scaramuzzino, chirurgo vascolare dell’Ospedale Internazionale di Napoli.
“La disparità di trattamento dal punto di vista assistenziale mi ha costretto a spostare la residenza e andare a vivere da Napoli a Pozzuoli, passando dall’Asl Na1 alla 2”, e’ stata la testimonianza di suor Viola Mancuso, affetta da linfedema, durante la tavola rotonda moderata da Chiara Del Gaudio, giornalista di Rai1 – Unomattina, alla quale sono intervenuti, tra gli altri, Generoso Andria, Sandro Michelini, Jean Paul Belgrado, Marco De Fazio, Valeria Di Martino, Bruno Amato, Katia Boemia, Adriana Carotenuto.
“Se siamo qui oggi a portare avanti questa battaglia lo dobbiamo alla tenacia del nostro presidente nazionale Franco Forestiere, paziente affetto da linfedema, che in 10 anni ha portato all’attenzione nazionale le problematiche delle persone colpite da questa patologia”, ha detto Anna Maria Cangiano, rappresentante regionale SOS Linfedema onlus.
Nel corso della giornata, è intervenuta anche la consigliera regionale campana Flora Beneduce che ha illustrato una mozione che impegna la Giunta regionale e il governatore De Luca a mettere in campo “Ogni utile provvedimento affinché possa essere attivata in ogni azienda sanitaria idoneo centri di riferimento per la diagnosi e cura del linfedema”.
Pubblicato da TVCITY
Trattamento conservativo delle emorroidi
Cosa sono le emorroidi?
Le emorroidi devono essere considerate dei veri e propri cuscinetti endoanali, caratterizzati da una particolare tipologia di tessuto vascolare, costituita da un elevato numero di anastomosi artero–venose e sostenuta da tessuto connettivo ricco di fibre elastiche e collagene. La principale funzione dei cuscinetti emorroidari è quella di contribuire al mantenimento di una adeguata continenza, mediante un meccanismo di regolazione, non ancora ben definito, mediato dalle summenzionate anastomosi vascolari.
La patologia emorroidaria è solitamente il risultato di ripetuti e protratti sforzi defecatori che determinano un progressivo indebolimento del sostegno vasculo-connettivale delle emorroidi, con conseguente prolasso della mucosa sovrastante i cuscinetti emorroidari e congestione vascolare degli stessi. È convenzionalmente adoperata la classificazione in gradi sec. Goligher per definire la gravità della patologia emorroidaria e tale suddivisione rappresenta uno strumento indispensabile per individuare l’opzione terapeutica migliore tra le numerose disponibili.
Infatti è opportuno indirizzare al trattamento conservativo soltanto i pazienti affetti da emorroidi di I e II grado sintomatiche, che si manifestano con un quadro clinico caratterizzato precipuamente da episodi di sanguinamento (ematochezia) frequenti ma non copiosi, tenesmo rettale (I grado) e minimo prolasso mucoso, cioè spontaneamente riducibile (II grado). Nei casi in cui vengano riscontrate emorroidi di III grado (prolasso riducibile solo manualmente) o di IV grado (prolasso non riducibile, emorroidi sempre al di fuori del canale anale), le uniche opzioni terapeutiche risolutive sono quelle chirurgiche.
Trattamento delle emorroidi
Il trattamento conservativo riconosce quali elementi fondanti specifiche norme dietetico–comportamentali (dieta ricca in fibre ed acqua non gasata, non prolungare oltremodo la seduta sul water, regolare attività fisica, ecc.) allo scopo di ridurre gli sforzi defecatori, e la somministrazione di flavonoidi per os, con la finalità di migliorare il tono della parete vasale a livello dei cuscinetti emorroidari. Gli integratori più utilizzati sono concentrati di diosmina, esperidina, troxerutina ed escina, ricavate da vegetali quali vite rossa, centella, rusco, ippocastano, ecc. Talvolta a tale terapia va aggiunto un antinfiammatorio topico, cioè supposta di corticosteroide, nei casi in cui via sia anche flogosi del canale anale.
Qualora un soddisfacente controllo della sintomatologia non fosse ottenuto con gli accorgimenti sopra descritti, possono rivelarsi utili i seguenti trattamenti:
- scleroterapia;
- legatura elastica;
- HeLP.
Queste metodiche sono tutte eseguibili in regime ambulatoriale, senza necessità di anestesia perché interessano la porzione di mucosa subito al di sopra della linea pettinea, dove le fibre nervose della sensibilità dolorifica sono scarsamente rappresentate, e non prevedono l’exeresi chirurgica di tessuto emorroidario.
La scleroterapia consiste nella somministrazione di un agente sclerosante (vedi tabella seguente) alla base del gavocciolo emorroidario congesto, ottenendo di conseguenza una marcata fibrosi dell’intero cuscinetto vascolare.
[table class=”table-striped” caption=”SCLEROTERAPIA DELLE EMORROIDI” width=”700″ colwidth=”350|350″ colalign=”left|left”] AGENTE,DOSE
Fenolo in olio di mandorla al 5% (PAO),2 ml per ciascun nodulo emorroidario
Polidocanolo al 3%,1 ml per ciascun nodulo emorroidario (0.5 ml per il nodulo a ore 11 per il rischio di danno uretrale e/o prostatico)
Alluminio potassio solfato e acido tannico (ALTA) | di piu’ recente introduzione,10 ml per nodulo emorroidario (la dose complessiva non deve mai superare i 40 ml)
[/table]
La legatura elastica (tecnica introdotta da Barron) consiste nell’applicazione, tramite una apposita “pistola” monouso, di uno o più lacci di gomma alla base dei gavoccioli emorroidari, riducendone in tal modo l’apporto vascolare. Dopo circa una settimana si verifica la necrosi del nodulo emorroidario per ischemia e la retrazione cicatriziale della mucosa residua (mucopessi secondaria). Un trattamento adeguato sia sclerosante sia con legature elastiche consiste di solito in un ciclo di almeno due sedute ambulatoriali, eseguite a distanza di circa dieci giorni l’una dall’altra.
Questi trattamenti sono gravati dalle seguenti complicanze: dolore, tenesmo e, molto più raramente, ritenzione urinaria acuta ed emorragia.
Le crescenti applicazioni della laser–chirurgia in campo proctologico hanno contribuito ad ampliare il ventaglio di procedure ambulatoriali disponibili. In effetti la HeLP (Hemorroidal Laser Procedure) rappresenta un trattamento innovativo, che si prefigge di dare un minimo discomfort al paziente con conseguente rapida dimissione post–procedura. La metodica prevede l’utilizzo di una fibra laser a diodi 980 nm (nanometri), introdotta in un anoscopio dedicato, per ottenere l’obliterazione delle ramificazioni più periferiche dell’arteria emorroidaria inferiore individuate con apposita sonda doppler endoanale. Tale tecnica si basa sulla teoria eziopatogenetica che riconosce quale causa principale della malattia emorroidaria l’ipervascolarizzazione dei cuscinetti emorroidari ed essa, quindi, mira a ridurre l’afflusso sanguigno a tali strutture anatomiche.
La crioterapia e la fotocoagulazione ad infrarossi sono ulteriori due procedure utilizzate in passato e ad oggi praticamente obsolete a causa della bassa compliance al trattamento dimostrata dai pazienti e degli scarsi risultati osservati dopo adeguato follow-up.
Dott. Giovanni Cestaro, Prof. Maurizio Gentile